l'analisi

Il bilancio dell'Inps mostra le criticità del sistema pensionistico

Luciano Capone

Per il 2024 previsto un passivo di 9,2 miliardi (+2,5 miliardi). Le entrate contributive aumentano (+11 miliardi), ma la spesa per prestazioni corre di più (+24 miliardi). L'unica nota positiva è il rapporto tra contribuenti e pensioni, che sale da 141,9% a 142,5%

Sulle pensioni la politica italiana da anni fa tanta propaganda, ma alla fine i numeri prevalgono sempre sulle parole. E le cifre del bilancio preventivo per il 2024 dell’Inps su questo punto sono abbastanza chiare: le cose andranno peggio rispetto al 2023, nonostante ci siano segnali di miglioramento. Il dato più significativo, quello che si legge dopo la linea finale del bilancio, è che il 2024 si chiuderà con un esercizio negativo di 9.250 milioni, in aumento rispetto ai 6.684 milioni dell’assestamento di bilancio del 2023. In pratica la perdita aumenterà di 2,5 miliardi di euro, risultando il dato peggiore degli ultimi anni dopo l’anno nero del Covid, il 2020, quando la perdita d’esercizio arrivò a 25 miliardi. Allora, però, da un lato esplosero le uscite per l’aumento delle prestazioni assistenziali, e dall’altro crollarono le entrate contributive per via dei lockdown.

 

Ora il contesto è molto diverso, nel senso che per il 2024 – sulla base delle previsioni macroeconomiche della Nadef del governo – l’Inps stima un incremento delle entrate contributive pari a oltre 11 miliardi di euro: si passa cioè dai 263,2 miliardi del 2023 ai 274,5 miliardi del 2024 (+4,3%). I trasferimenti provenienti dalla fiscalità attraverso la Gias (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) restano, invece, invariati a circa 169 miliardi. Il problema, quindi, è che le uscite corrono più delle entrate.

 

L’aumento della spesa per prestazioni risulta, infatti, superiore a quello delle entrate contributive di quasi due punti percentuali (+6,05%), che in valore assoluto sono oltre 24 miliardi di euro in più. E aumenterà, seppure di un tasso dimezzato, di altri 17 miliardi nel prossimo biennio, passando da 424 miliardi nel 2024 a 441 miliardi nel 2026. Mentre le entrate contributive, che pure sono previste in crescita a un tasso superiore, faticheranno ancora a tenere il passo, perché aumenteranno in valore assoluto di 15 miliardi nel 2026.  Vuol dire, insomma, che il disavanzo di esercizio dell’Inps, a invarianza di trasferimenti dallo stato, è destinato ad allargarsi. La spesa corre, inarrestabile. Dal 2020, anno della crisi pandemica, al 2024 le uscite per prestazioni istituzionali sono previste in aumento di 65 miliardi di euro: da 359.517 milioni del 2020 a 424.689 milioni del 2024. Ma al di là del valore assoluto, il peso della spesa aumenta anche in rapporto al pil: dal 20% del 2019, anno prima del Covid, al 20,7% del prossimo anno.

 

In questo contesto difficile, che è spinto ovviamente da una dinamica demografica sfavorevole, nel bilancio dell’Inps si possono leggere anche dei segnali positivi dovuti alla positiva dinamica occupazionale degli ultimi anni che dovrebbe, secondo le previsioni, persistere anche il prossimo anno. Ad esempio, il numero medio di contribuenti dell’Inps nel 2024 è previsto in aumento di 113 mila unità rispetto al 2023. Mentre il numero delle pensioni vigenti è previsto in aumento di quasi 39 mila unità rispetto al 2023. Sebbene vada considerato che mediamente servono più contribuenti per pagare una pensione, migliora il rapporto tra numero di contribuenti e di pensioni in pagamento che è considerato un parametro per monitorare l’equilibrio finanziario del sistema previdenziale.

 

Ebbene, in generale tale rapporto aumenta leggermente per il complesso delle gestioni nel preventivo 2024 rispetto all’assestamento del 2023, passando da 141,9 a 142,5 contribuenti per 100 pensioni (inteso come numero di prestazioni e non di pensionati, ricordando che un pensionato può essere beneficiario di più assegni). Naturalmente questo rapporto varia molto a seconda delle gestioni, si va da 163,2 dei lavoratori dipendenti a 162,3 dei parasubordinati, alle gestioni più critiche come quelle nel complesso degli autonomi che si attesta a 85,4 per 100 pensioni.

 

I dati dicono una cosa banale: bisogna aumentare il numero dei contribuenti (ovvero il tasso di occupazione, che sebbene in crescita è tra i più bassi in Europa) e rallentare l’aumento della spesa (tipo i pensionamenti anticipati), visto che già la demografia lavora contro la sostenibilità del sistema.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali