UN CONSIGLIO DI LETTURA DI UN NOSTRO PARTNER: BANCA POPOLARE DEL LAZIO

Così la Banca Popolare del Lazio farà da apripista per la creazione di un nuovo modello di gestione del credito

Mariarosaria Marchesano

Il presidente Edmondo Maria Capecelatro ci spiega come si può stringere i rapporti con il mondo del mercato dei capitali senza rinunciare al modello cooperativo: "Sono convinto che questi due mondi si possano parlare e che una banca che punta ad aprirsi al mercato non debba necessariamente snaturare la propria identità"

“La riforma Renzi delle banche popolari ha il merito di avere avvicinato al mercato istituti di credito che vivevano in un mondo antico, ma forse il passaggio è stato un po’ troppo brusco. Per questo, ora che anche per noi è arrivato il momento di una svolta abbiamo scelto di sperimentare un modello ibrido grazie a una legge del governo Draghi che probabilmente saremo i primi ad utilizzare”. Edmondo Maria Capecelatro è il presidente settantacinquenne della Banca Popolare del Lazio, diventata un caso scuola in Italia quando, qualche anno fa, da società cooperativa ha acquisito il controllo di una spa (l’ex Banca Tuscia, poi diventata Blu Banca) riunendo in un unico gruppo due modelli diversi e dimostrando che la loro storica contrapposizione è più ideologica che sostanziale. Adesso si appresta a un ulteriore passo in avanti: stringere i rapporti con il mondo del mercato dei capitali senza rinunciare al modello cooperativo, che per una banca con forte radicamento locale, fondata nel 1904 grazie anche al contributo di 1.000 lire di Papa Pio X, equivale a una metamorfosi. “Forse sarà la saggezza degli anni, ma sono convinto che questi due mondi si possano parlare e che una banca che punta ad aprirsi al mercato non debba necessariamente snaturare la propria identità – dice al Foglio Capecelatro – La norma sulle azioni di finanziamento, approvata con grande lungimiranza dal governo Draghi punta proprio a creare questo tipo di sintesi poiché è come se dicesse alle cooperative: dialogate con il mercato dei capitali e diventate più moderne. Per noi rappresenta una grande sfida nella consapevolezza che nessun altro prima ha intrapreso questo percorso”.

La Banca popolare del Lazio, che ha attivi sotto la soglia degli 8 miliardi e quindi non è obbligata a trasformarsi in spa, ma vuole crescere di dimensione, farà, dunque, da apripista per la creazione di un nuovo modello di gestione del credito, che potrebbe prendere piede in un paese come l’Italia che non vuole rinunciare all’esperienza delle banche dei territori. Se l’innalzamento della soglia di 8 miliardi in discussione alla commissione Finanze del Senato (si parla di raddoppiarlo a 16 o addirittura triplicarlo) dovesse diventare realtà, il destino delle banche popolari e del credito popolare cambierebbe radicalmente a otto anni dalla riforma Renzi.

Ma non c’è il rischio di fare un passo indietro? “Per chi, come me, viene dal movimento cattolico e crede nello spirito cooperativistico e mutualistico, pensa che dare un aut aut a una banca dicendogli o resti piccola oppure diventi una spa è stata una forzatura – osserva il presidente della Pop Lazio – però è anche vero che era necessaria una trasformazione del nostro sistema del credito, che in alcuni casi, in passato, ha dato prova di scarsa efficienza. A differenza di quanto è accaduto con alcune popolari, che con la trasformazione in spa sono state scalate, la normativa sulle azioni di finanziamento impedisce che questo avvenga. Vuol dire che il socio finanziatore avrà voce in capitolo ma non potrà comandare da solo”.

Per chi non lo conoscesse, Capecelatro è un fine giurista oltre che economista (ha insegnato all’Università e svolto la professione di notaio per più di quarant’anni). È dunque l’anima di questa svolta della popolare Lazio anche se ci tiene a rimarcare di essere una figura istituzionale perché ad amministrare la banca “in modo profittevole” è Massimo Lucidi, manager con ampia esperienza alle spalle. “I numeri ci danno ragione, chiuderemo quest’anno con un ottimo bilancio dovuto all’efficientamento della struttura e non solo all’aumento del margine di interesse”.