la legge di bilancio

La manovra forneriana di Meloni e Giorgetti manda in pensione gli slogan di Salvini

Luciano Capone

Il governo chiude i criteri pensionistici avvicinandosi all'attuazione della riforma Fornero: Quota 104, Ape sociale e Opzione donna ristretti, finestre più larghe. Il Mef demolisce i due pilastri della politica pensionistica della Lega: Quota 100 e blocco dell'adeguamento automatico all'aspettativa di vita

Il mistero è durato un giorno. Nell’ultima bozza della legge di Bilancio, approvata in Cdm il 16 ottobre, la decontribuzione torna nella sua versione originale: proroga per un altro anno del taglio di 7 punti fino a 25 mila euro di reddito e di 6 punti fino a 35 mila. Eppure lunedì, in maniera incredibile, dopo le anticipazioni sul Corriere, il Mef aveva modificato il comunicato stampa del Cdm del 16 ottobre descrivendo in maniera molto diversa il profilo del taglio del cuneo contributivo. La nuova elaborazione prevedeva un profilo decrescente a cinque scalini dell’esonero contributivo: “7 punti percentuali fino a 15 mila di retribuzione; 6 per cento tra 15 mila e 28 mila; 5 per cento tra 28 e 30 mila; 4 per cento tra 30 mila e 32 mila; 3 per cento tra 32 mila e 35 mila”. Questa formulazione, elaborata dal Mef, probabilmente cercava di ovviare al problema dello “scalone” da 6 punti che scatta al superamento della soglia di 35 mila euro: una forte distorsione delle aliquote marginali effettive.

 

Ma la novità, apparsa all’improvviso, ha colto di sorpresa molti e ha prodotto notevoli tensioni nel governo e in particolare tra Palazzo Chigi e il Mef, perché di fatto smentiva l’annuncio della proroga dell’attuale regime fatto dalla premier Giorgia Meloni in conferenza stampa. La nuova versione, che comunque aveva una sua razionalità, ha suscitato anche una reazione delle parti sociali dato che il profilo decrescente dello sgravio avrebbe ridotto il beneficio per quasi tutte le fasce di reddito superiori ai 15 mila euro.

 

Il primo a mobilitarsi, contattando i vari ministri interessati, è stato il segretario della Cisl Luigi Sbarra che ha protestato per una versione completamente diversa da quella presentata ai sindacati durante l’incontro a Palazzo Chigi: l’avviso recapitato al governo è stato che anche la Cisl, che pure ha dato un giudizio positivo sulla manovra, sarebbe passata alla “mobilitazione”. Ovvero dal lato del fronte della Cgil, che con Maurizio Landini ha già annunciato da mesi lo sciopero generale. Alla fine l’“incidente” è rientrato, la proroga dell’attuale decontribuzione è stata confermata e anche il comunicato stampa del Mef è orwellianamente tornato nella sua versione originaria del 16 ottobre. Un metodo di comunicazione davvero singolare per un ministero dell’Economia del mondo sviluppato.

 

Non è però del tutto chiuso il fronte con i sindacati, che faranno notevoli pressioni – attraverso sia le opposizioni sia i partiti di maggioranza – per intervenire in Parlamento sulle pensioni. Perché è su questo tema che nel testo ci sono le novità più rilevanti. In generale si può dire che il governo Meloni e il ministro Giorgetti danno alla politica previdenziale un’impostazione “forneriana”, prevedendo una serie di restringimenti ai pensionamenti anticipati e, quindi, avvicinandosi dopo una decennale transizione alla piena attuazione della legge Fornero.

 

Al posto di Quota 103, entra in vigore Quota 104 con un’ulteriore penalizzazione: serviranno 63 anni d’età (un anno in più) e 41 di contributi, inoltre ci sarà una penalità sulla parte retributiva dell’assegno pensionistico. Per giunta il governo ha anche allargato le “finestre” d’uscita, ovvero l’arco temporale che intercorre tra il raggiungimento dei requisiti e il pensionamento effettivo, che passano da tre a sei mesi per il settore privato e da sei a nove mesi per il settore pubblico.

 

Ci sono anche l’Ape sociale e Opzione donna, di cui in realtà il ministro Giorgetti aveva annunciato il superamento. Ma per accedere all’Ape sociale serviranno ora 63 anni e 5 mesi (5 mesi in più), oltre agli altri requisiti. Opzione donna è confermata nella sua versione ristretta, con una soglia d’età a 61 anni che scende di un anno o due in presenza di uno o più figli, fermo restando il requisito dei 35 anni di contributi. Un’ulteriore stretta arriva con l’aumento dell’importo minimo maturato per accedere in anticipo alla pensione di vecchiaia. La soglia, fermo restando il requisito di almeno 20 anni di contributi, sale da 2,8 a 3,3 volte l’assegno sociale: da 1.409 euro a 1.660 euro.

 

C’è infine un’altra rilevante modifica, che riporta alla logica della riforma Fornero (sebbene il principio sia antecedente). Dal 2025, la soglia per la pensione anticipata a prescindere dall’età anagrafica, che attualmente si raggiunge con 42 anni di contribuzione (41 per le donne), tornerà a essere automaticamente adeguata all’aspettativa di vita. Due anni in anticipo rispetto al 2027 indicato dal governo Conte I.

 

Il blocco dell’adeguamento all’aspettativa di vita e Quota 100 erano i due pilastri del decreto n. 4 del 2019, che introduceva anche il Reddito di cittadinanza, della politica previdenziale di Matteo Salvini. Entrambi vengono ora demoliti da Giorgetti, impegnato a convincere anche i mercati e Bruxelles dell’impostazione “prudente e realista” della sua politica di bilancio. Il ministro dell’Economia dovrà però convincere anche Salvini e Landini.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali