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l'intervista

Fornero elogia Giorgetti: “Sulle pensioni ha visione da statista, non da comiziante”

Luciano Capone

La Nadef promuove la riforma Fornero e la professoressa promuove il Mef: "Le sue analisi sono basate sull'effettiva sostenibilità del sistema pensionistico: demografia, occupazione, crescita. Nel governo però c'è sia chi ha parla il linguaggio della verità sia chi fa solo comizi"

Elsa Fornero non è esattamente una simpatizzante del governo Meloni e sa anche che qualsiasi sua parola a favore del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti potrà essere usata contro di lui. Ma non si sottrae a dare un giudizio tutto sommato positivo in tema di pensioni, soprattutto perché il governo va in direzione opposta alle promesse elettorali:  “Sono meno imprudenti di quanto ci si sarebbe potuto aspettare sulla base delle dichiarazioni roboanti”, dice Fornero.

 

La Nadef, appena approvata da Meloni e Giorgetti, ad esempio scrive nero su bianco che la famigerata “riforma Fornero”, definita “infame” da Matteo Salvini, ha “migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo, garantendo una maggiore equità tra le generazioni”. La sorprende? “Intanto la Nadef è scritta in gran parte da tecnici e bisogna riconoscere che il Tesoro ha una struttura tecnica di profilo elevato. È difficile che un ministro pretenda di metterci dentro la linea politica del partito”, è la prima precisazione dell’ex ministro del Lavoro del governo Monti. “Ma poi la Nadef parla a un certo mondo: le istituzioni europee, la comunità finanziaria internazionale, gli imprenditori... questo è il pubblico di riferimento di un documento con basi tecniche e analitiche molto forti. Ed è un pubblico che legge i documenti, valuta ed esprime un giudizio”. Insomma, il pubblico di Giorgetti è diverso dal prato di Pontida. “Il pubblico di Salvini è quello degli elettori o dei potenziali elettori, è sempre in comizio. Giorgetti no. Ma un ministro del Tesoro lo capisce entrando in quelle stanze che non può esser un comiziante. Poi non è neanche detto che Salvini legga tutte le cose che Giorgetti e il Mef elaborano, i documenti del Tesoro richiedono tempo e preparazione”.

 

Nella Nadef il governo evidenzia i costi di Quota 100 e non dà spazio a promesse come Quota 41. “In un documento ufficiale, le analisi sono basate su una valutazione della effettiva sostenibilità del sistema pensionistico. Si considerano fattori come demografia, la crescita economica e in particolare del mercato del lavoro e i meccanismi che stabiliscono le regole del sistema”. E che quadro emerge? “La demografia ci dice, e Giorgetti lo ha ricordato chiaramente, che è difficile far reggere un sistema pensionistico di qualunque tipo se giovani sempre meno numerosi devono pagare pensioni adeguate ad anziani sempre più numerosi”. Insomma, le riforme erano inevitabili. “Nessuna riforma nasce perfetta – dice Fornero – neppure la Amato e la Dini perché avevano tempi biblici, scontavano il costo del prezzo politico della transizione. La nostra neppure era perfetta, ma l’onestà della politica è dire come migliorarla ma sapendo che la direzione è quella. La presidente del Consiglio cerca di usare un po’ il linguaggio della verità. Però ha molti ministri che fanno i comizianti”.

 

La politica persegue obiettivi contraddittori, ad esempio la destra vuole andare in pensione prima e bloccare l’immigrazione... “che è come volere la botte piena e la moglie ubriaca – dice l’economista –. Di fronte a questo andamento demografico si deve lavorare su molti elementi, come aumentare il tasso di occupazione che seppure in crescita è tra i più bassi in Europa. Ma anche l’immigrazione serve. Non è ciò che salva un sistema pensionistico con fondamenta fragili, come era il nostro prima, però è un elemento necessario nella transizione verso una demografia più sostenibile. Non dobbiamo puntare ad ‘accogliere tutti’, ma ad avere immigrati regolari con un lavoro”.

 

Giorgetti, presentando il bonus Maroni, ha indicato una visione opposta a quella salviniana di Quota 100: non dobbiamo incentivare le persone ad andare in pensione, ha detto, ma a restare al lavoro. Una bella giravolta. “Il principio è giusto, ma è già insito nel sistema contributivo. Però il bonus per restare al lavoro è un bel paradosso, perché per bilanciare i pensionamenti facili delle mini controriforme che aumentano la spesa si introduce per le stesse persone un altro incentivo di segno opposto. Così anziché una, di storture ne abbiamo due”.

 

Questa tensione tra Salvini e Giorgetti, tra Pontida e il Mef, tra chi guarda i sondaggi e chi lo spread non è completamente sciolta. “Resta un elemento di strabismo nel governo. C’è chi sta al governo avendo un’ottica del paese nella comunità internazionale e chi sta al governo per acquisire consenso di breve termine. Tra chi ha una visione da statista e chi da politicante. Che poi non è detto che questo secondo metodo paghi ancora nelle urne, sicuramente non fa bene al paese. I conti sono sempre antipatici, ma alla fine li dobbiamo fare tutti: un individuo, una famiglia, un’impresa o uno stato. Rinviare sempre i costi al futuro dicendo che tanto pagheranno gli altri è deleterio, e se ne sta accorgendo anche questo governo che ora si ritrova a pagare il conto del Superbonus”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali