Donne al lavoro

Il Nobel per l'Economia a Goldin premia uno studio sull'occupazione femminile durato una vita

Carlo Stagnaro

Un'immensa raccolta dati che analizza due secoli di cambiamenti del mercato del lavoro e come si è trasformata la partecipazione dell'occupazione femminile

Il Premio Nobel per l’economia 2023 va a Claudia Goldin. La motivazione riguarda i suoi studi su come funzionano i mercati del lavoro per le donne. Goldin è una storica economica ed è una economista empirica. Si è formata a Chicago (sotto l’influenza determinante di Gary Becker e Robert Fogel, anch’essi premi Nobel) e insegna ad Harvard. 

L’originalità del suo contributo sta, anzitutto, nell’aver costruito un database immenso su duecento anni di mercato del lavoro degli Stati Uniti. L’importanza di osservare l’andamento di lungo termine sta nel fatto che qualunque cambiamento è necessariamente lento, e avviene a strappi, perché coincide con l’affacciarsi sul mercato del lavoro di coorti anagrafiche di donne che hanno una maggiore o minore propensione a prendere il controllo della propria vita. Dati alla mano, Goldin ha dimostrato che la partecipazione femminile non è sempre stata uguale: nel tempo ha seguito un andamento a U. Man mano che la transizione da un’economia prevalentemente agricola a una industriale si manifestava, la partecipazione femminile (in particolare delle donne sposate) scese, per poi tornare a crescere nel Ventesimo secolo quando l’incidenza del settore dei servizi si fece maggioritaria. Dietro di ciò vi sono una quantità di cambiamenti - culturali ed economici - che Goldin ha cercato di approfondire, letteralmente, nel corso di una vita. L’introduzione della pillola contraccettiva ha costituito una potente discontinuità perché ha consentito alle donne di investire maggiormente nella propria istruzione, anche ritardando il momento del matrimonio. Sicché, le lavoratrici sono sempre meno insegnanti, infermiere, badanti o segretarie e sempre più dottori, avvocati, professori universitari e manager.

Goldin, dunque, ha ricostruito il differenziale nei salari di uomini e donne nel tempo, mostrando che esso ha cominciato a ridursi per effetto delle trasformazioni strutturali dell’economia già prima che vi fosse una presa di coscienza sociale del problema, grazie ai movimenti per la liberazione della donna. Contemporaneamente, non tutte le differenze salariali potevano essere spiegate sulla base della diversa produttività. Goldin individua due principali cause: la maternità e la relativa inflessibilità dei lavori. In sostanza, nel corso del tempo la differenza tra i salari delle donne e degli uomini si sono ridimensionate, ma il gap tra i salari di donne e uomini che svolgono la medesima professione si è ampliato. Come è possibile? La risposta non sta tanto nel diverso salario orario, quanto nel fatto che le donne tendono a lavorare per meno ore - e questo divario si allarga in corrispondenza della maternità. Poiché tendono a svolgere la maggior parte delle incombenze domestiche o legate alla cura dei figli, le donne faticano a conciliare lavoro e famiglia e questo ha enormi conseguenze sulle loro prospettive di carriera. 

Queste considerazioni, sviluppate attraverso un gran numero di paper che si collocano in continuità gli uni con gli altri, aiutano a capire perché le nostre società non riescono a fare leva sul contributo che le donne potrebbero dare (e le donne non sempre riescono a essere adeguatamente valorizzate). Una parte della risposta sta nelle norme sociali non scritte che assegnano alla madre un ruolo preponderante nell’educazione dei figli. Un’altra parte sta nella insufficiente flessibilità di molti posti di lavoro: in uno degli ultimi lavori Goldin riflette sul fatto che, di conseguenza, il gender pay gap esiste in gran parte perché “in molte occupazioni le ore di lavoro sono valutate di più quando sono erogate in particolari momenti e quando hanno maggiore continuità… Un orario di lavoro flessibile spesso ha un prezzo elevato”.

Proprio la vastità e assieme la coerenza della sua agenda di ricerca rende difficile individuare uno (o pochi) paper più significativi; inoltre Goldin ha spesso lavorato spalla a spalla con co-autori. Tra gli altri va citato uno dei più frequenti, Lawrence Katz, che è anche suo marito, con cui ha scritto anche il libro “The Race Between Education and Technology” a proposito del rendimento salariale (e occupazionale) degli investimenti in istruzione. Forse non tutto quello che sappiamo sulla partecipazione femminile ai mercati del lavoro è opera di Goldin, ma senza di lei non ne sapremmo nulla.

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