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verso il 2024

L'Italia si avvicina al suo G7  con dati da record. Eccoli

Marco Fortis

Nel biennio 2022-2023, il nostro paese metterà a segno la più forte crescita economica tra i paesi del forum internazionale, con un aumento del Pil del 5 per cento in due anni. Con questi numeri il nostro paese non può più avere un rating inferiore a quello della Francia

La vetrina della presidenza italiana del G7 del 2024 costituirà una occasione unica per il nostro Paese. Infatti, permetterà all’Italia di presentare agli altri 6 grandi partner e al mondo intero i progressi strutturali compiuti dalla nostra economia negli ultimi anni, in particolare dopo la pandemia, anche come conseguenza delle riforme già avviate nel quinquennio precedente. Sarà l’occasione perfetta, per una nazione come la nostra, che è sempre stata incapace di predisporre una narrativa efficace da contrapporre ai luoghi comuni che le sono da sempre affibbiati, per organizzare finalmente una comunicazione vincente. E per ribadire anche ai mercati e alle istituzioni internazionali che dopo Draghi l’Italia resterà nel solco di Draghi, che le riforme continueranno e che la forte ripresa post Covid della nostra economia non è stato un episodio casuale e isolato.

 

L’Italia è stata la prima nazione europea a essere duramente colpita dal Covid-19 a inizio 2020. E dopo i lockdown nessuno scommetteva un soldo sul fatto che saremmo stati capaci di riprenderci velocemente dallo shock. Nessuno aveva capito, nemmeno dentro i nostri confini, che quell’Italia non era più il paese che aveva arrancato per 15 anni dall’inizio del nuovo secolo, passando da crisi in crisi. Emblematica del nostro riscatto è stata la riforma della fiscalità degli investimenti delle imprese, il cosiddetto Piano Industria 4.0, che già prima della pandemia aveva permesso alla manifattura italiana di ammodernarsi, di investire in nuovi macchinari e tecnologie, di allargare gli orizzonti dell’organizzazione delle imprese e dei loro rapporti con fornitori e clienti. Spingendo l’export del made in Italy verso nuovi record. 

 

Sicché, quando i lockdown sono terminati, grazie anche all’efficace campagna vaccinale del governo Draghi, la popolazione e le imprese italiane, che già avevano dato prova di grande compostezza, dignità e disciplina durante la pandemia, hanno tirato fuori le unghie, il coraggio e tutta la loro intraprendenza, mostrando una voglia di tornare alla normalità e alla crescita che non ha avuto eguali negli altri grandi paesi europei. Sbalordendo tutti, l’economia italiana è cresciuta a tassi record, le imprese hanno continuato ad investire a ritmo incalzante, il made in Italy ha innestato il turbo, sono ripresi i consumi delle famiglie, così come l’occupazione.

Il primo dato da considerare, sulla base dei dati definitivi del 2022 e utilizzando le previsioni sul 2023 dell’ultimo World Economic Outlook dell’Ocse, è che nel biennio 2022-2023, l’Italia metterà a segno la più forte crescita economica tra i paesi del G7, con un aumento del Pil del 5 per cento in due anni. Quando mai nel recente passato si è verificato qualcosa di simile? 

Chi, a fronte della forte ripresa del 2021, diceva che l’Italia stava solo “rimbalzando” dopo la pesante recessione del 2020, si sbagliava. Infatti, non c’è stato, nel caso dell’Italia, un “rimbalzo” ma una vera e vigorosa crescita. Tant’è che a fine 2023 l’economia del nostro paese sarà già del 2,2 per cento in termini reali sopra i livelli pre crisi del 2019. La Francia sarà solo a più 1,5 per cento, mentre Germania, Giappone e Regno Unito saranno a malapena agli stessi livelli di quattro anni fa. Nel G7 solo Stati Uniti e Canada, che tuttavia non hanno effettuato dei lockdown paragonabili a quelli europei nel 2020, si troveranno a fine 2023 con una crescita cumulata quadriennale superiore a quella dell’Italia. 

Il forte sviluppo dell’Italia nel biennio 2022-2023 è stato trainato dagli investimenti in macchinari e impianti e dall’export di beni e servizi. In entrambi i casi il nostro paese farà registrare il più forte progresso in due anni tra le economie del G7, rispettivamente più 12,7 per cento e più 12 per cento. Le nostre imprese, grazie al Piano Industria 4.0 hanno investito tantissimo, e lo hanno fatto in anni in cui i tassi di interesse, per di più, erano bassi. Gli altri paesi del G7, invece, hanno investito poco dopo la pandemia e ora che dovrebbero farlo per uscire definitivamente dalla crisi, i tassi di interesse sono alti. In altri termini, per quanto riguarda gli investimenti l’Italia ha saputo davvero cogliere l’ “attimo fuggente”. 

Non solo. Mentre le altre grandi nazioni nel 2022 soffrivano drammaticamente per l’interruzione delle forniture asiatiche di componentistica e le fabbriche tedesche di auto si fermavano, l’Italia, con il suo modello basato su una miriade di segmenti specializzati, sulle medie e medio-grandi imprese, sui distretti e sulle filiere corte, nonché su una elevata differenziazione dei prodotti esportati, conquistava quote di mercato negli scambi internazionali. In sostanza, il modello economico italiano, per anni ingiustamente criticato anche a casa nostra, si è rivelato vincente, perché veloce, reattivo e fortemente differenziato.

Gli indicatori di competitività evidenziano i progressi strutturali che l’Italia ha messo a segno in questi ultimi anni. Innanzitutto, grazie alla spinta del Piano Industria 4.0, il nostro paese presenta oggi il secondo rapporto percentuale tra investimenti in impianti e macchinari e Pil tra le economie del G7, dietro al Giappone. Si tratta di un indice molto importante sul piano del livello di sviluppo tecnologico raggiunto dal nostro paese. Inoltre, abbiamo l’export meno concentrato in termini di prodotti (o potremmo meglio dire più differenziato) del G7, il secondo export manifatturiero pro capite e la seconda migliore bilancia commerciale esclusa l’energia dopo la Germania.

Ma alla vetrina della presidenza del G7 del 2024 il governo italiano potrà rappresentare la bontà del modello economico italiano anche sotto il profilo della sostenibilità ambientale. Lo dimostra l’indice di sviluppo umano corretto per le pressioni planetarie delle Nazioni Unite. Se, in base al tradizionale Indice di sviluppo umano dell’Onu (basato su reddito pro capite, livello di istruzione e durata di vita), l’Italia nel 2021 figurava al trentesimo posto nel mondo e ultima tra i paesi del G7, sia pure a breve distanza dagli altri partner, considerando anche le emissioni pro capite di CO2 e il consumo pro capite di risorse naturali, il nostro paese rimonta invece al terzo posto al mondo e al secondo posto nel G7, dietro al Regno Unito, mentre Stati Uniti e Canada precipitano in graduatoria per le loro forti pressioni sull’ecosistema globale. L’Italia, infatti, pur non avendo centrali nucleari, è nel G7 appena dietro a Francia e Regno Unito per minori emissioni pro capite di CO2 ed è prima assoluta per minore consumo pro capite di risorse naturali.

Che dire, poi, dei conti pubblici? Secondo il Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale, a parte la Germania, nel 2023 tutti gli altri paesi del G7 avranno un debito pubblico superiore al cento per cento del Pil. Ma il debito italiano è quello cresciuto di meno nel decennio 2014-2023 in termini di punti di Pil, grazie anche a sette anni di avanzo pubblico primario su dieci e nel 2023 l’Italia sarà l’unico paese del G7 con lo stato in surplus primario. Secondo la Banca dei regolamenti internazionali, inoltre, l’Italia ha il più basso debito di famiglie e imprese tra i paesi del G7 e il suo debito aggregato è il più basso dopo quello tedesco. Insomma: brava Italia! G7+ Con questi numeri non si capisce proprio perché il nostro paese non debba avere un rating almeno a livello di quello della Francia.
 

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