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La decisione del governo sulla Corte dei conti e le parole di Draghi

Giuliano Cazzola

Era stato l'ex premier, nel corso del suo esecutivo, a tracciare la strada sui compiti e il ruolo che deve avere la magistratura contabile vigilando sul Next generation Eu. Trovando un equilibrio tra lotta alla corruzione e il rischio di "sciopero della firma"

A leggere la nota di Palazzo Chigi si direbbe che abbia trovato una composizione la controversia riguardante i poteri di controllo della Corte dei Conti  sul Pnrr.  Ci sono stati comunque il tempo e l’occasione per accusare il governo di voler prevaricare (“Meloni come Orban”) le funzioni della magistratura contabile che stava vigilando sulle inadempienze del governo. Galeotto era stato l’emendamento al decreto Pubblica amministrazione che aboliva il controllo concomitante della Corte e prorogava di un anno il cosiddetto scudo erariale che limita la responsabilità contabile di amministratori e dipendenti pubblici ai casi di dolo e colpa grave, allo scopo di scoraggiare lo “sciopero della firma”. Purtroppo le forze politiche soffrono di gravi amnesie quando conviene. 

 

Non è trascorso molto tempo da quando Mario Draghi – pochi giorni dopo che il Parlamento aveva votato la fiducia al suo governo – si presentò all’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti e nel suo intervento fu molto chiaro a proposito dei compiti e del ruolo della magistratura contabile sul Pnrr. Dopo aver ricordato l’eccezionale importanza del Next Generation Eu, il premier affrontò  il tema cruciale in quella sede: “Il controllo della Corte nel validare queste scelte diviene quindi parte del processo con cui noi parteciperemo al processo di costruzione di un’Europa più responsabile ma anche più solidale. Due sono le parole chiave di questa relazione: fiducia e responsabilità. Fiducia tra istituzioni e persone che le compongono, responsabilità nei confronti dei cittadini. E’ necessario sempre trovare un punto di equilibrio tra fiducia e responsabilità: una ricerca non semplice, ma necessaria. Occorre, infatti, evitare – proseguì Draghi –  gli effetti paralizzanti di quella che viene chiamata la ‘fuga dalla firma’, ma anche regimi di irresponsabilità a fronte degli illeciti più gravi per l’erario. Tenendo conto peraltro che, negli ultimi anni, il quadro legislativo che disciplina l’azione dei funzionari pubblici si è ‘arricchito’ di norme complesse, incomplete e contraddittorie e di ulteriori responsabilità anche penali. Tutto ciò ha finito  – ricordò – per scaricare sui funzionari pubblici responsabilità sproporzionate che sono la risultante di colpe e difetti a monte e di carattere ordinamentale; con pesanti ripercussioni concrete, che hanno talvolta pregiudicato l’efficacia dei procedimenti di affidamento e realizzazione di opere pubbliche e investimenti privati, molti dei quali di rilevanza strategica’’. Poi Draghi aggiunse: “Ora bisogna andare oltre le schermaglie normative, verificando gli effetti delle nuove disposizioni, ma soprattutto lavorando per costruire un solido rapporto di collaborazione tra pubblici funzionari e Corte dei conti’’. 

 

Questi propositi trovarono poi una conferma nel testo del Pnrr. Sotto il titolo “Abrogazione e revisione di norme che alimentano la corruzione’’ venne  scritto:  “La corruzione può trovare alimento nell’eccesso e nella complicazione delle leggi. La semplificazione normativa, dunque, è in via generale un rimedio efficace per evitare la moltiplicazione di fenomeni corruttivi”.  “Vi sono, in particolare, alcune norme di legge che possono favorire più di altre la corruzione. Si rende, dunque, necessario individuare prioritariamente alcune di queste norme e procedere alla loro abrogazione o revisione. Ad esempio – proseguiva il documento – vanno riviste e razionalizzate le norme sui controlli pubblici di attività private, come le ispezioni, che da antidoti alla corruzione sono divenute spesso occasione di corruzione. E’ necessario eliminare le duplicazioni e le interferenze tra le diverse tipologie di ispezioni’’. Si arrivava poi al sancta sanctorum della legge Severino, il vero scivolone populista del governo Monti: “Occorre semplificare le norme della legge n. 190/2012 sulla prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione. Al tempo stesso, occorre evitare che alcune norme nate per contrastare la corruzione – come le disposizioni  sulla trasparenza –  impongano alle amministrazioni pubbliche e ai soggetti privati di rilevanza pubblica oneri e adempimenti troppo pesanti”. Ipse dixit.

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