Giancarlo Giorgetti con il ministro dell'Economia belga, Vincent Van Peteghem (LaPresse)

Dopo l'Ecofin

L'Ue non fa concessioni all'Italia sul Mes. L'effetto boomerang sugli altri dossier

David Carretta

Bruxelles respinge la proposta di Roma di barattare la ratifica del Fondo salva stati con più flessibilità nella governance economica. Trattativa in perdita e problemi per Giorgetti

Bruxelles. Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ieri ha bocciato la richiesta del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, di barattare la ratifica del nuovo trattato del Mes da parte dell’Italia con alcune concessioni sulla riforma del Patto di stabilità o la garanzia europea sui depositi. “Se cominciamo a collegare tutto a tutto, diventa difficile fare progressi. Meglio trattare ogni dossier per conto proprio”, ha detto Dombrovskis, al termine dei due giorni di riunioni di Eurogruppo ed Ecofin. “Il trattato di riforma del Mes è stato approvato da tutti. Quindi è importante che gli stati membri procedano alla ratifica”, ha avvertito Dombrovskis. Nonostante gli appelli di Giorgetti, il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, ha spiegato che la Germania non è pronta a fare concessioni sul meccanismo europeo di garanzia dei depositi. La mancata ratifica e la strategia del ricatto stanno danneggiando la posizione e gli interessi dell’Italia su altri tavoli europei decisivi.

 

Durante la riunione dell’Eurogruppo di lunedì a Giorgetti è stato nuovamente chiesto di spiegare come il governo intenda procedere sulla ratifica del nuovo trattato del Mes. Il ministro – secondo una nota del Mef – ha ricordato “la contrarietà del Parlamento italiano” e ha chiesto al presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, e al direttore esecutivo del Mes, Pierre Gramegna, di trovare “una soluzione politica”. In una serie di interventi pubblici – un’intervista al Sole 24 Ore il 29 aprile, le dichiarazioni alla stampa all’Ecofin informale di Stoccolma lo stesso giorno, un incontro con Donohoe durante il G7 di Niigata il 12 maggio – Giorgetti aveva esplicitato cosa intende per soluzione politica: “Sviluppo dell’Unione bancaria” con la garanzia europea sui depositi; “un sistema di garanzie europeo per la promozione degli investimenti”; “esclusione temporanea delle spese per investimenti digitali e green compresi quelli del Pnrr” dalle regole del nuovo Patto di stabilità. Donohoe e Gramegna avevano già detto a Giorgetti che l’arma del ricatto non funziona. Le dichiarazioni di ieri di Dombrovskis e Lindner confermano l’effetto boomerang. Con uno stallo sulla revisione del Patto di stabilità, l’Italia si troverebbe a dover rispettare le vecchie regole, molto più severe in termini di riduzione di debito. Diversi ministri a Bruxelles hanno sottolineato che, senza l’entrata in funzione del nuovo trattato sul Mes, è inutile discutere di altri passi avanti sull’Unione bancaria. Anche alleati tradizionali dell’Italia, come Francia e Spagna, hanno iniziato a lamentarsi perché la mancata ratifica del nuovo Mes blocca il processo di integrazione e di mutualizzazione dei rischi.

 

L’Italia è l’unico paese a non aver ratificato. Il nuovo trattato serve ad affidare al Mes una nuova funzione nell’ambito dell’Unione bancaria: il backstop (rete di sicurezza) del Fondo unico di risoluzione delle banche in crisi. A Bruxelles c’è stupore per la posizione del governo Meloni e la continua disinformazione da parte di esponenti della maggioranza. Contrariamente alla vulgata prevalente in Italia, il capitale versato al Mes non ha effetti sul debito: è una partecipazione finanziaria che viene investita in modo prudente e, paradossalmente, potrebbe portare al pagamento di dividendi all’Italia (i 3 miliardi di ricavi finanziari per ora non sono stati ridistribuiti, ma vengono usati per un fondo di garanzia). Rispetto agli altri strumenti usati durante la crisi del debito sovrano (i prestiti bilaterali alla Grecia e il fondo Efsf che aveva preceduto il Mes), i rischi per le finanze pubbliche nazionali sono di gran lunga inferiori. Senza la ratifica, inoltre, il vecchio Mes continua a funzionare così com’è, ma vengono bloccate innovazioni, come la fine della Troika (sarebbe la Commissione a gestire i programmi senza Fmi e Bce) o linee di credito più facili da utilizzare.

 

Durante il negoziato l’Italia si era battuta per accelerare sul “backstop” del Fondo unico di risoluzione, perché permette di mutualizzare i rischi bancari e riduce il legame con il debito sovrano. Il Mes, infine, gioca un ruolo fondamentale di deterrenza al fianco della Bce in caso di attacchi sui mercati. Tutto questo è stato spiegato anche a Giorgia Meloni, che nel 2019 manifestava contro il nuovo Mes davanti alla sede del Consiglio europeo a Bruxelles. Il presidente del Consiglio avrebbe risposto che è troppo difficile da spiegare a una casalinga e, comunque, non intende rischiare di cadere perdendo la sua maggioranza sul Mes.