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lo scenario

Il Bilancio 2024 di Giorgetti, stretto tra regole europee ed elezioni europee

Luciano Capone

Il ministro dice che la politica economica del governo sarà “compatibile con il Patto di stabilità”. Banca d'Italia e Upb confermano la linea "prudente" del governo per il 2023. Ma per il 2024, anno elettorale, ci sono già 30 miliardi di promesse e appena 4 miliardi di coperture

Le audizioni in contemporanea sul Def alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, della Banca d’Italia e dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) hanno contribuito a fare chiarezza. Ciò che è chiaro a tutti non è cosa ci sarà nella prossima legge di Bilancio, ma che la programmazione economica del governo è avvolta dall’incertezza.

 

Sia il Mef sia le agenzie indipendenti sono concordi sulla strategia di finanza pubblica: un “orientamento nel complesso prudente” (Banca d’Italia), “in linea con lo spirito della proposta di riforma delle regole di bilancio dell’Ue” (Upb), “improntata alla prudenza e alla responsabilità” (Giorgetti). Il quadro prevede, in continuità con gli obiettivi del governo Draghi, un “percorso di graduale aggiustamento di bilancio” che, in linea con le indicazioni della Commissione europea, “riconduca il debito pubblico su un sentiero discendente e consenta il suo mantenimento su livelli prudenti nel medio periodo”, dice l’Upb. “Il governo continua a perseguire una politica di bilancio nel complesso prudente” con un approccio che ha già contribuito “a contenere il differenziale di rendimento dei nostri titoli di stato rispetto a quelli della Germania”, conferma la Banca d’Italia. Proseguire il percorso di consolidamento fiscale, come afferma il ministro Giorgetti, è fondamentale “per ridurre l’elevato debito pubblico accumulato anche in anni recenti”.

 

Ma se la cornice è definita, i pezzi del puzzle che dovrebbero comporre il quadro mancano o non combaciano. L’elenco delle spese e delle promesse è fuori budget. Con il Def, che ha leggermente aumentato le stime di crescita (+1 per cento), il governo pur mantenendo gli obiettivi di deficit ha potuto liberare un po’ di risorse per due interventi espansivi una tantum: 3 miliardi (0,15 punti di pil) nel 2023 per tagliare ulteriormente i contributi per i lavoratori con redditi medio-bassi e 4 miliardi (0,2 punti) nel 2024 destinati al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. I 3 miliardi di decontribuzione da giugno a dicembre su base annua valgono oltre 5 miliardi, che aggiunti ai 4,6 miliardi di sgravi contributivi temporanei introdotti con l’ultima legge di Bilancio fanno circa 10 miliardi annui. Tanto servirà al ministro Giorgetti per rifinanziare gli esoneri contributivi ed evitare un aumento delle tasse per il 2024.

 

A fine anno bisognerà anche rifinanziare le cosiddette “politiche invariate”, che sono spese non previste dallo scenario tendenziale ma che lo stesso governo definisce “obbligatorie”, come ad esempio i rinnovi contrattuali o le missioni internazionali: le “politiche invariate” costano, secondo le stime del Def, 7 miliardi nel 2024 (0,3 punti di pil) e 8 miliardi (0,4 punti) negli anni successivi. Il governo dovrà poi attuare la riforma fiscale che ha obiettivi “più ambiziosi” rispetto ai 4 miliardi messi nel Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Ci sono inoltre da aggiungere le misure per la natalità, anticipate dal Foglio, su cui Giorgetti ha promesso “un’azione choc".

 

Questo sintentico elenco, che ad esempio non contempla interventi sulle pensioni pure promessi in campagna elettorale e poi rinviati, costa quasi 30 miliardi (10 per la decontribuzione, 7 per le politiche invariate, almeno 10 per la riforma fiscale, il resto per la natalità). Per le coperture ci sono appena 4 miliardi e solo per il 2024. Il governo ha scritto nel Def di voler reperire le altre risorse dalla “revisione della spesa” e da una “maggiore collaborazione tra fisco e contribuente”. In quest’ultimo caso, non si tratta di una vera copertura: come ha osservato la Banca d’Italia, prima di tagliare le tasse bisogna individuare “coperture adeguate, strutturali e credibili”, e la Ragioneria dello stato dovrebbe essere d’accordo. Quanto alla spending review, i primi passi non sono confortanti. In legge di Bilancio il governo aveva previsto di ridurre la spesa per il Reddito di cittadinanza di 700 milioni quest’anno e di 1 miliardo l’anno prossimo, ma già in corso d’opera – come ha evidenziato Repubblica – sta rinunciando a due terzi dei tagli.

 

Giorgetti garantisce che la riduzione delle tasse avverrà “compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica” e che “la prossima manovra di Bilancio dovrà essere compatibile con le regole del Patto di stabilità e crescita”. Ma c’è un altro fattore che non può essere trascurato: il 2024 sarà un anno di votazioni, e quindi ci sarà una forte pressione politica per una manovra elettorale che completi il puzzle facendo saltare la cornice. È lo scontro tra queste due forze, adesione alle regole europee e tentazione di vincere le elezioni europee, responsabilità fiscale contro populismo fiscale, che definirà la politica economica del governo.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali