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Le previsioni del Fondo monetario

L'industria militare tiene su il pil della Russia, ma l'economia si è deteriorata

Federico Bosco

Da domenica 5 febbraio entrerà in vigore un nuovo embargo europeo sui prodotti petroliferi raffinati (come il diesel), dopo quello di dicembre sul petrolio e il price cap del G7. Nel frattempo, a Mosca la qualità della vita peggiora

Le previsioni del Fondo monetario internazionale hanno rivisto al rialzo le prospettive di crescita della Russia. Dopo il -2,2 per cento del 2022, quest’anno il pil russo crescerà dello 0,3 per cento, seguito da un’espansione del 2,1 per cento nel 2024. Le nuove stime sono state accolte con favore da Mosca e hanno fatto la gioia di chi in Italia desiderava un argomento per dire “le sanzioni non funzionano” (e quindi sono inutili). La realtà è più complicata di così. La Russia ha effettivamente dimostrato una grande capacità di reagire alla pressione sanzionatoria. Le sapienti manovre di politica monetaria della Banca centrale russa diretta da Elvira Nabiullina hanno scongiurato un crollo verticale dell’economia, mentre il sistema delle importazioni parallele ha permesso ad alcuni settori di evitare la paralisi. Ma questo non significa che l’economia russa sta attraversando la crisi di un’economia qualsiasi. A tenere a galla l’industria è l’aumento della produzione militare, che sta compensando una parte dei danni inflitti dalle sanzioni e dalle conseguenze dell’invasione dell’Ucraina. La Russia si sta trasformando in un’economia di guerra e per la guerra, al servizio dello stato.

 

Secondo i dati di Bloomberg, nonostante una contrazione del 2 per cento e un calo del fatturato, l’anno scorso l’industria è stata tra i settori più resilienti dell’economia russa. Ha contribuito a limitare il tracollo insieme agli incassi record da gas e petrolio e all’aumento della spesa pubblica. “Il settore continua a espandersi, le nostre fabbriche lavorano su più turni, alcune praticamente tutto il giorno”, ha detto Vladimir Putin il mese scorso celebrando il contributo all’economia dell’industria militare. Mosca non rivela dettagli sulla produzione bellica, ma osservando i dati di alcuni segmenti è possibile tracciare una parte della produzione militare. Per esempio, la produzione di manufatti finiti in metallo (che comprendono armi, bombe e munizioni) è cresciuta del 5 per cento; la produzione di computer, elettronica e strumenti ottici (che include componenti per aerei, droni, razzi, mirini ottici e altri sistemi) è cresciuta del 4 per cento. Numeri in netto contrasto con i dati dei principali settori civili: la produzione di automobili è crollata del 50 per cento, le industrie del tessile e del legno (mobili e altro) hanno perso il 10 per cento, la produzione chimica è scesa del 4 per cento. 

 

Nel frattempo, la qualità di vita peggiora. Secondo un recente sondaggio della Banca centrale, i russi si stanno adattando alla “nuova situazione economica” riducendo le spese, comprando prodotti meno costosi e cercando “guadagni aggiuntivi”, ovvero lavori in nero. Mosca farà sempre più fatica a erogare sussidi. Quest’anno non ci saranno le grandi entrate dell’anno scorso, garantite dalle esportazioni di gas e petrolio vendute in Europa a prezzi estremamente alti. A dicembre è entrato in vigore l’embargo europeo sul petrolio russo trasportato via mare e il price cap del G7, da domenica 5 febbraio entrerà in vigore anche l’embargo europeo sui prodotti petroliferi raffinati (come il diesel), che priveranno la Russia del principale mercato di sbocco di un settore, quello petrolifero, che rappresenta la principale fonte di entrate per il bilancio della Federazione Russa. Nel frattempo sono crollate ulteriormente le importazioni europee di gas russo, settore che ormai non ha neanche più bisogno di essere sanzionato. Gazprom non ha ancora rilasciato i dati sull’ export di gennaio, ma secondo Reuters i volumi che transitano nei gasdotti Russia-Europa sono crollati al minimo dell’era post-sovietica. La minaccia energetica di Mosca non spaventa più nessuna cancelleria europea. 

 

A giugno dell’anno scorso Putin aveva detto ai giovani imprenditori che l’economia russa sarebbe “rimasta aperta” e che “la Russia non farà lo stesso errore dell’Unione Sovietica costruendo una cortina di ferro”. Ma aperta o chiusa che sia, l’economia russa sta diventando solo uno strumento nelle mani dello stato al servizio della guerra e della repressione interna. Visti così, quei decimali di pil delle previsioni del Fmi raccontano tutta un’altra storia.

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