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“Tubi e rigassificatori, all'Italia servono infrastrutture”. Parla Tabarelli

Federico Bosco

Perché una presa di coscienza più consapevole del ruolo dell’energia nello sviluppo. "Se siamo finiti nella trappola russa è anche perché abbiamo pensato che nel lungo periodo avremmo potuto fare a meno delle fonti fossili, e quindi anche del gas, aspettando di compiere un’ipotetica transizione verso le rinnovabili"

L’invasione russa dell’Ucraina ha causato la più grande ondata di instabilità sui mercati dell’energia dai tempi della crisi petrolifera degli anni Settanta. E ha fatto emergere vulnerabilità e ipocrisie del matrimonio energetico tra la Russia e l’Europa costringendo molti paesi, in particolare l’Italia, a rivedere completamente i propri approvvigionamenti di gas naturale. Nonostante la determinazione del Cremlino  a usare il gas come arma – Mosca ha tagliato le esportazioni di gas verso l'Europa di circa l’80 per cento – i paesi dell’Unione europea hanno dimostrato una sorprendente capacità di adattarsi alla nuova situazione diversificando le forniture

 

Complici le temperature miti di questa prima fase dell’inverno oggi gli stoccaggi italiani sono pieni all’83,15 per cento (la media Ue è l’83,21 per cento), nello stesso periodo di un anno fa erano al 67,29 per cento (media dell’Unione europea: 53,28 per cento). Ma il peggio non è passato. Nei prossimi tre mesi queste riserve verranno in parte consumate e partirà la competizione per riempirli di nuovo. 

 

La soluzione passa per la riduzione della domanda e l’aumento della capacità di importare gas naturale liquefatto (Gnl) per accedere a un mercato molto più vasto di quello attuale, ma secondo il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli non è solo una questione di costruire infrastrutture: quello che serve all’Italia, e in diversa misura ai paesi europei, è una presa di coscienza più consapevole del ruolo dell’energia nello sviluppo. “Se siamo finiti nella trappola russa è anche perché abbiamo pensato che nel lungo periodo avremmo potuto fare a meno delle fonti fossili, e quindi anche del gas, aspettando di compiere un’ipotetica transizione verso le rinnovabili” dice al Foglio Tabarelli. “Il mondo è pieno di metano, una fonte che sarà centrale nello sviluppo economico dell’Unione europea. Per riuscirci però serve  una presa di coscienza che ancora non si vede. Portare avanti la diversificazione degli approvvigionamenti energetici prevede un aumento dell’uso delle rinnovabili, ma anche riattivare centrali a carbone e tenere in vita le centrali nucleari, come ha fatto la Germania”.

 

Tabarelli infatti ritiene che se in Italia si iniziasse a costruire infrastrutture con la stessa velocità e determinazione dei paesi del Nord Europa, si potrebbe guardare al futuro con molto più ottimismo. “Ci vuol del tempo, ma il gas rimane un pilastro del futuro dell’energia globale, anche perché il metano è centrale nella produzione dell’idrogeno”. 

 

L’Italia invece sembra essersi appoggiata alle nuove sicurezze delle forniture dall’Algeria e dall’Azerbaigian e, pur aumentando le importazioni di Gnl, tarda nel prendere le decisioni più scomode e rimane prigioniera delle logiche delle amministrazioni locali senza aver dato realmente inizio a una revisione del suo sistema di importazione e distribuzione interna del gas che tenga conto dell’entità della sfida da affrontare nei prossimi anni. “Dobbiamo tenere conto della strozzatura in centro Italia nel sistema di trasporto che permette al gas che arriva a Sud di raggiungere il Nord, dove ci sono più abitanti e impianti industriali”. Pertanto, è necessario costruire gasdotti oltre che impianti di rigassificazione. “L’Italia ha tre rigassificatori e bisogno di averne almeno altri tre. Se il governo decide che Piombino non va bene trovi l’alternativa, ma l’importante è prendere subito una decisione”.

 

Prima della guerra l’Italia importava circa il 40 per cento del suo gas dai giacimenti russi. Dieci mesi dopo, la Russia è stata sostituita dall’Algeria come primo fornitore, insieme ad altri paesi come l’Azerbaigian. Secondo i dati di Snam l’aumento nel mix di importazioni del Gnl ha contributo portando a pieno regime i tre rigassificatori esistenti. Panigaglia, Livorno e Rovigo. Nel periodo che va da gennaio al 13 dicembre il totale del Gnl importato ha raggiunto i 13,3 miliardi metri cubi, un aumento notevole rispetto ai 9,8 miliardi del 2021. Le forniture sono arrivate principalmente da Stati Uniti, Qatar, Algeria, Trinidad e Tobago, Guinea Equatoriale, Norvegia, Egitto e Nigeria. 

 

Per il 2023 sono previste una serie di nuove forniture per ridurre ulteriormente i flussi dalla Russia fino ad azzerarli. In base agli accordi stretti dal governo di Mario Draghi dovrebbero giungere nuove forniture di Gnl dal Congo. Eni si aspetta fino a 9 miliardi di metri cubi l’anno, ma per portare a pieno regime il sistema è necessaria l’entrata in funzione di almeno altre due unità di rigassificazione: Ravenna e Piombino.

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