Sergio Mattarella (LaPresse)

Il monito

Per la terza rata del Pnrr mancano ancora 25 obiettivi. Mattarella: "Gli impegni vanno onorati"

Redazione

La scadenza è fissata per il 31 dicembre, in ballo 19 miliardi, ma rispetto al governo Draghi sono stati pochi i progressi. Gli ostacoli principali riguardano la Transizione digitale. "Unità e collaborazione di istituzioni e forze politiche. Completare il programma di riforme è un’assoluta priorità", esorta il capo dello stato.

Allo scadere della terza rata da 19 miliardi del Piano di ripresa e resilienza manca poco. Il 31 dicembre è la data cruciale e restano 25 obiettivi, senza i quali fianziamenti europei potrebbero essere a rischio.  Lo ha ricordato questa mattina, e non è un caso, anche Sergio Mattarella, sottolineando la "necessità di completare il programma di riforme e, per quanto riguarda gli investimenti, di considerare un’assoluta priorità gli obiettivi individuati dal piano per far crescere l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’uguaglianza". Il presidente della Repubblica è intervenuto nel corso dell'evento 'L'Italia delle Regioni" a Monza, richiamando all'unità e alla collaborazione di istituzioni e forze politiche: di fronte a sfide di questa portata  "è richiesto un impegno convergente. Un impegno che abbiamo assunto in sede europea e che va, ovviamente, onorato". 

Nello specifico, dei 55 previsti, gli obiettivi pienamente raggiunti tra milestone e target sono 30, e riguardano i ministeri di Giustizia, Turismo, Affari regionali, Sud e Pari opportunità: a quanto riporta il Sole 24 Ore, questi dicasteri hanno completato la loro scaletta. I problemi sono altrove. Raffaele Fitto che ha la delega ministeriale sul Pnrr, il cosiddetto "superministero", è tra i membri del governo che giudica inammissibile la possibilità di non portare a termine tutti i punti del Piano: "Non è in discussione", ha assicurato ieri. Anche perché, nell'ultimo tavolo di aggiornamento dell'esecutivo di Mario Draghi, lo stesso ex premier aveva annunciato l'archiviazione di 25 scadenze. E ora quei numeri, che prima del 25 settembre erano sotto il controllo di Roberto Garofoli, il "soprasegretario", non sono cambiati di molto. 

 

Tra gli altri ministeri, quello dell'Economia ha superato gli scogli maggiori, raggiungendo i target sostanziali. Ne manca uno, ma non preoccupa. Gli aspetti più problematici riguardano invece il ministero della Transizione digitale, che era guidato da Vittorio Colao e che è stato archiviato almeno nella denominazione dal governo Meloni, e quelli del fu ministero della Transizione ecologica, ora ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, passato dalle mani di Roberto Cingolani a quelle di Gilberto Pichetto Fratin. I pacchetti dei due dicasteri contano entrambi 6 obiettivi ancora da conseguire e, in molti casi, si tratta di milestone, ovvero punti strutturali del Piano. Per quel che riguarda il ministero di Pichetto Fratin le procedure sono alla fase finale e dovrebbero risolversi in fretta senza decreto. Gli ostacoli s'incontrano sulle questioni legate al piano digitale, tra le quali restano vacanti il collaudo del polo strategico nazionale per il cloud, gli interventi sulla cybersecurity, il supporto per la trasformazione della Pubblica amministrazione locale. 

 

Per questo dentro e fuori dal governo c'è chi non crede si riuscirà a utilizzare tutti i fondi a disposizione. Anche se le anime si dividono tra chi, come la ex ministra, ora vicesegretaria di Azione, Mariastella Gelmini, sostiene che l'esecutivo Draghi stesse funzionando bene mentre l'attuale amministrazione abbia contribuito a frenare l'attuazione del Pnrr; e chi, come il ministro dell'Agricoltura e braccio destro di Giorgia Meloni, Francesco Lollobrigida, parla di progetti vecchi e imputa al contesto in cui il Recovery è stato pensato l'origine dei problemi. Così, Gelmini proprio su queste pagine ribadisce che la Commissione europea "ha smentito qualsiasi ritardo" (da parte di Draghi, ndr) e che "chi ha fatto cadere quel governo sapeva che esistevano impegni stringenti da rispettare e che c’era da fare la legge di Bilancio", e qundi che "È paradossale adesso che il governo paventi il rischio dell’esercizio provvisorio o di ritardi".

Lo stesso "esercizio provvisorio" citato a suo modo da Lollobrigida sulla Stampa, il quale dichiara che "il Piano è stato scritto rapidamente" e che l'obiettivo ora "non è spendere i fondi, ma spenderli bene". Ma mentre il ministro nega che i ritardi siano dovuti all'insediamento dell'esecutivo e al lavoro sulla legge di Bilancio, la Commissione Ue aspetta che i soldi investiti per il Piano italiano vengano spesi nei tempi e secondo gli obiettivi prestabiliti.