Dal Wall Street Journal

Priolo è la porta d'accesso del petrolio russo in America (fino a dicembre)

Il greggio importato dall'impianto Isab-Lukoil viene raffinato in provincia di Siracusa e poi venduto negli Stati Uniti. Dal 5 dicembre con l'embargo duemila persone che lavorano nella raffineria rischiano di restare una a casa 

Redazione

C'è un bug che permette al greggio russo trasformato in prodotti raffinati di arrivare sui mercati internazionali nonostante le sanzioni. Questo bug è la raffineria Lukoil di Priolo, che in questi mesi dall'inizio della guerra ha continuato a raffinare petrolio proveniente da Mosca e a esportarlo al resto d'Europa e agli Stati Uniti. Il caso non è del tutto sconosciuto e sul Foglio ne avevamo già scritto, ma un'inchiesta del Wall Street Journal con immagini satellitari ha identificato il tragitto delle navi che dai porti russi, soprattutto da Primorsk, arrivano al porto in provincia di Siracusa.

Una volta che il greggio viene trasformato in Sicilia, nella raffineria Isab di Priolo Gargallo, il petrolio russo diventa un prodotto italiano con nuove caratteristiche, essendo raffinato. In questo modo può "aggirare" le sanzioni e arrivare negli Stati Uniti, e, in particolare negli impianti del New Jersey e del Texas. Si tratta di quasi 5 milioni di barili di prodotti petroliferi, di cui 2,5 milioni di barili di benzina. E se, prima dei provvedimenti presi dopo l'invasione dell'Ucraina, la Russia era il quarto fornitore di greggio della raffineria, ora è il primo perché nessun altro si assume il rischio di fare affari con Isab, compagnia controllata in toto da un'azienda svizzera che è di proprietà della russa Lukoil. L'impianto di Priolo dipende completamente dal greggio russo (così come i suoi lavoratori) e per questo nei primi sei mesi del 2022 l'Italia ha aumentato le importazioni da Mosca del 112 per cento nonostante le sanzioni.

Questa situazione, però, sta per finire. Tra circa un mese, infatti, il 5 dicembre, entra in vigore l'embargo deciso dall'Unione europea nei confronti del petrolio russo e le navi di Mosca non potranno più attraccare nei porti italiani. Un problema, questo, non irrilevante per gli impiegati di Priolo, che potrebbero perdere il lavoro nel caso in cui l'impianto si vedesse costretto a interrompere le attività. All'interno dell'Isab lavorano infatti circa mille dipendenti, ma l'azienda dà indirettamente lavoro almeno al doppio delle persone. Un colpo significativo, non solo a livello umano, ma anche economico, perché se si ferma l'impianto ne risente tutto il polo, che vale l’8 per cento del pil della Sicilia.

 

Toccherà quindi ai due nuovi ministri, quello delle Imprese, Adolfo Urso, e quello per il Sud, Nello Musumeci, coordinarsi per evitare il tracollo e il conseguente contraccolpo all'economia del sud Italia. Urso sembrerebbe starsi già prendendo in carico la questione tramite un primo provvedimento che certifica che l'azienda non è sottoposta a sanzioni. È un primo passo, non definitivo.

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