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Cosa succede se la Russia taglia il gas all'Italia. Il piano del governo

Redazione

Gazprom riduce le forniture ai paesi europei, ma la situazione per Cingolani “è ancora sotto controllo”. Come si fa a meno del metano russo di Mosca? Import dal nord Africa, centrali a carbone, risparmio e produzione nazionale

Gazprom ha tagliato le forniture di metano all’Italia, riaprendo la questione che tormenta il governo fin dall’inzio delle ostilità in Ucraina: possiamo davvero fare a meno del gas russo? Se sì, come? Il ministro Roberto Cingolani si è mostrato ottimista negli ultimi due giorni, parlando di una situazione “ancora sotto controllo”. Ma il problema è in prospettiva. Quella odierna è forse solo una provocazione di fronte alla visita del premier Draghi in Ucraina, ma lo stop delle forniture è un’evenienza reale.

 

All’inizio di aprile un report commissionato dal governo italiano tracciava le coordinate per mettere al sicuro l’approvvigionamento energetico del paese. Il documento, pur ammettendo che l’Italia “non sarebbe in grado di soddisfare la domanda di energia nel prossimo inverno” senza le forniture russe, riporta che l’indipendenza dal Cremlino, da qui a un anno, non è esattamente fantascienza.

 

L’Italia avrebbe bisogno di recuperare, in caso di stop da Mosca, quasi 30 miliardi di metri cubi di gas naturale. Come?

 

La fetta principale dovrebbe provenire dall’aumento importazioni esportazioni dal nord Africa. Un ruolo fondamentale sarà quello dell’Algeria, che entro tre anni promette di aumentare le forniture annuali di nove miliardi di metri cubi. Qui l’infrastruttura c’è già, è il gasdotto Transmed, in funzione dagli anni ’80. Sempre grazie ai gasdotti si potranno aumentare le importazioni dalla Libia e dall’Azerbaijan. Si aggiungono poi i carichi di gas naturale liquefatto, che arriveranno sia da Algeri che da Angola Qatar (più di un miliardo e mezzo di metri cubi entro fine anno). Completeranno il quadro le forniture da Egitto, Israele e Stati Uniti.

 

Per arrivare al massimo della portata bisognerà attendere, ma già entro la fine del 2023 la quota di metano aggiuntivo potrebbe arrivare intorno ai dieci miliardi di metri cubi.

 

Almeno due miliardi di metri cubi potrebbero essere coperti grazie al risparmio energetico, riducendo l’illuminazione pubblica di notte e abbassando di un grado il riscaldamento. Con la riduzione volontaria dei consumi industriali si potrebbe risparmiare un ulteriore miliardo di metri cubi.

 

Il ministro Cingolani intende poi aumentare la produzione nazionale, crollata a picco negli ultimi anni, di almeno un miliardo di metri cubi entro il 2023. Al momento le procedure per avviare l'incremento delle estrazioni sono in ritardo di almeno un mese e mezzo, ma proprio ieri il ministro ha aperto alla possibilità di modificare il Pitesai, il piano nazionale per le aeree idonee molto restrittivo, che limita la possibilità di sfuttare le risorse naturali italiane. 

Secondo il piano, altri cinque miliardi di metri cubi di gas potranno essere sostituiti da un maggiore utilizzo delle centrali a carbone, la cui vita potrebbe essere prolungata oltre i tempi previsti.

 

Si arriva così a quasi 20 miliardi di metri cubi, pari a circa il 70 per cento del gas che l'Italia importa annualmente dalla Federazione russa. Numeri che fanno del piano del governo una contromisura efficace in caso di uno stop improvviso, che tuttavia non sarebbe indolore per il paese. Dal prossimo anno e da quello successivo ancora lo scenario sarà diverso: quando gli accordi con i fornitori africani e mediterranei inizieranno ad andare a regime l'Italia dovrebbe poter contare su 12,7 miliardi di metri cubi di gas in più ogni anno.