le considerazioni di bankitalia

Visco spiega perché il friendshoring è un pericolo per il nostro benessere

Mariarosaria Marchesano

L’idea di una riorganizzazione del commercio mondiale in aree costituite da paesi politicamente affini o uniti da accordi economici non convince il governatore della Banca d’Italia: "Rischierebbe di compromettere i meccanismi che hanno stimolato la crescita e ridotto la povertà a livello globale”

Friendshoring? No, grazie. L’idea, molto americana, di una riorganizzazione del commercio mondiale in aree costituite da paesi politicamente affini o uniti da accordi economici regionali non convince il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. La globalizzazione, questa in sintesi la sua riflessione, ha bisogno di una correzione di rotta, ma “una divisione del mondo in blocchi – osserva nella sua relazione - rischierebbe di compromettere i meccanismi che hanno stimolato la crescita e ridotto la povertà a livello globale”. Eppure, il nuovo mantra del “friendshoring” lanciato dal segretario del Tesoro Usa, Janet Yellen, e che in parole povere si traduce in un invito a fare affari con i paesi amici, ha già parecchi seguaci tra coloro che vedono nelle tensioni geopolitiche il maggior fattore di rischio per gli investimenti globali.

Visco, pur senza fare alcun riferimento all’uscita della Yellen, smonta la tesi che c’è dietro questo tipo di proposta, spiegando che una “diversa ricomposizione della fitta rete di interdipendenze tra i paesi” difficilmente potrebbe avvenire senza tensioni e forti correzioni dei prezzi dei beni, dei servizi e delle attività finanziarie e reali. Le conseguenze? “L’allocazione del risparmio globale sarebbe inevitabilmente meno efficiente, il finanziamento dei debiti, pubblici e privati, dei singoli paesi meno agevole – avverte - Una frammentazione lungo confini definiti da pur necessarie considerazioni di sicurezza politica potrebbe avere conseguenze assai negative per le economie di minori dimensioni, specie quelle a più basso reddito che non beneficiano della partecipazione a consolidate aree economiche regionali”. Insomma, a fare le spese di una deglobalizzazione non governata sarebbero i paesi più poveri come l’Africa, la cui popolazione è prevista in forte aumento nei prossimi 30 anni con rischi di flussi migratori fuori controllo se l’occidente non si impegna per promuovere lo sviluppo economico di questo grande continente. “In un mondo diviso in blocchi – insiste il governatore - si perderebbe anche, e soprattutto, quel patrimonio di fiducia reciproca che, oltre a essere indispensabile per la convivenza pacifica tra le nazioni, rappresenta una insostituibile base per affrontare le sfide cruciali per le prossime generazioni”.
 

Questo non vuol dire che non ci sia bisogno di uno sforzo che punti a contenere le conseguenze negative della globalizzazione. Lo stesso Visco ammette che una riflessione su questo tema è in corso da tempo a causa dei gravi choc che in successione hanno colpito l’economia mondiale negli ultimi 15 anni. Senza contare che la pandemia, con la forte caduta degli scambi internazionali e le strozzature nelle catene di fornitura di alcuni beni intermedi, e l’invasione russa dell’Ucraina, con le  ripercussioni sull’approvvigionamento energetico e alimentare, potrebbero spingere verso una riorganizzazione del commercio internazionale che privilegi la tenuta dell’offerta, soprattutto nei settori strategici. Ma un conto è correggere il tiro, un conto è smontare un sistema che negli ultimi 30 anni ha consentito di aumentare il pil pro capite del 75 per cento e di quadruplicare il commercio mondiale. “La guerra in Ucraina rischia di deviare il corso di questo necessario ripensamento e riportarci verso un mondo diviso in blocchi, con minori movimenti non solo di beni, servizi e capitali finanziari, ma anche di tecnologie, idee e persone”. Ciò che è auspicabile per Visco è una discussione aperta delle regole e del governo dell’economia globale, che porti a un nuovo equilibrio internazionale che tenga conto del peso crescente dei paesi emergenti e del rispetto dei principi e dei valori fondanti della convivenza pacifica tra le nazioni. “In caso contrario – avverte il governatore – a pagare il prezzo più elevato di una deglobalizzazione disordinata sarebbero proprio le fasce sociali e i paesi più vulnerabili e più poveri, anche se non mancherebbero le pressioni sulle economie avanzate, e in particolare sull’Europa”. Visco ha fiducia nel multilateralismo, che finora si è rivelato la strada maestra per affrontare sfide come il contenimento del riscaldamento globale, la lotta alla povertà estrema e il contrasto alle pandemie. “L’esperienza della Presidenza italiana del G20 ha mostrato che, pur tra notevoli e crescenti difficoltà, l’azione collettiva può conseguire importanti risultati, anche se non si può non constatare quanto essa sia resa più ardua dal mutato contesto politico”.

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