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L'Europa può sanzionare la Russia e vivere senza il suo gas?

Maria Carla Sicilia

Sostituire il 41 per cento delle importazioni europee non è un’operazione semplice e pesa in modo diverso sui ventisette. Si dialoga sia con gli Stati Uniti che con il Qatar. L'opzione del corridoio mediterraneo 

Chiedersi per quanto tempo l’Europa possa resistere in caso di interruzione delle forniture di gas dalla Russia è utile per rispondere a un’altra domanda: quanto possiamo permetterci di inasprire le sanzioni ora che Mosca minaccia l’integrità territoriale dell’Ucraina? Il primo colpo è arrivato ieri, quando il governo tedesco ha deciso di sospendere l’autorizzazione del Nord Stream 2. Una decisione molto severa dal punto di vista politico, che non riduce la nostra dipendenza dal gas russo perché il gasdotto non è mai entrato in funzione, ma che avrà effetti sui prezzi e sui rapporti con Mosca. In risposta Vladimir Putin ha ribadito di non voler interrompere le forniture sui mercati globali, ma già a gennaio l’Europa ha ricevuto il 40 per cento di gas in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per questo l’Unione europea sta valutando tutti gli scenari possibili per garantire la sicurezza dei suoi approvvigionamenti nel caso in cui Mosca decidesse di usare Gazprom come arma tagliando ulteriormente i volumi di gas. Sostituire il 41 per cento delle importazioni europee non è un’operazione semplice e pesa in modo diverso sui ventisette. Si tratterebbe di rimpiazzare circa 180 miliardi di metri cubi di gas, cioè il volume importato nel 2019. Ci sono paesi come Slovacchia, Finlandia e Lettonia che dipendono completamente dalla Russia per l’approvvigionamento del loro gas e altri come Belgio, Slovenia e Spagna che ne hanno bisogno per circa il 12 per cento. Poi c’è l’Italia, che come la Germania importa dalla Russia meno della metà del suo gas.


Come dimostrano i colloqui dell’Unione europea con gli Stati Uniti e i dati del mercato di gennaio, nell’immediato l’unica soluzione possibile è quella di aumentare le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl). I primi effetti già si vedono. Secondo la società inglese IHS, il mese scorso i volumi di Gnl americano hanno superato quelli di gas russo: via nave sono arrivati 7,73 miliardi di metri cubi di gas contro i 7,5 miliardi che hanno viaggiato nei gasdotti russi. L’Unione europea ha anche intensificato il dialogo con il Qatar – altro importante produttore di Gnl – e la settimana scorsa il ministro degli esteri Mohammed Al Thani ha incontrato a Roma Mario Draghi. Tuttavia gli analisti sono concordi nel ritenere che il Gnl può essere solo uno dei tasselli della soluzione, utile a diversificare e a superare l’inverno: da una parte ci sono limiti strutturali che dipendono dalla capacità dei terminali di ricevere il Gnl che arriva via nave, dall’altra una capacità produttiva inferiore a quella che promettono i giacimenti russi. 


L’altro dato da osservare con attenzione è quello relativo agli stoccaggi. A oggi l’Europa può contare solo sul 30 per cento della sua capacità mentre l’Italia è messa leggermente meglio, arrivando a circa il 40 per cento (poco più di 7 miliardi di metri cubi). Per fortuna l’inverno si avvia a conclusione, ma non è un caso che la prossima comunicazione di Bruxelles sull’energia, attesa per il 2 marzo, punti molto proprio sullo stoccaggio per rafforzare la sicurezza energetica. In una bozza di cui hanno riferito Reuters ed Euractiv sarebbe previsto un progetto pilota di stoccaggio comune e l’obbligo di riempire gli stoccaggi a livelli minimi prima di ogni stagione invernale. Il problema è però ancora una volta con quale gas. E soprattutto a quale prezzo. La strada della diversificazione sembra l’unica percorribile, soprattutto per ridurre la fragilità rispetto alle tensioni geopolitiche.
Raddoppiare i volumi del gasdotto Tap è una delle possibilità più concrete a cui l’Ue guarda, puntando a raggiungere 20 miliardi di metri cubi dai 10 attuali. L’altra pista è accelerare sulle infrastrutture che attingono ai giacimenti del Mediterraneo, a partire da EastMed e Poseidon che insieme porterebbero il gas estratto al largo di Israele fino all’Italia, passando da Cipro e Grecia. Da qui potrebbero arrivare altri 10-12 miliardi di metri cubi all’anno. Volumi insufficienti, anche sommati tra loro, per rimpiazzare i flussi (praticamente irrinunciabili) che arrivano dalla Russia. A meno di non sperare in un crollo della domanda e del pil.

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  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.