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EDITORIALI

Stellantis ha restituito in anticipo il prestito anti pandemia

Redazione

Dopo Lufthansa finisce la tutela pubblica anche per la società italiana. Bene, i miliardi risparmiati dal Tesoro possono essere impiegati in investimenti mirati al green e alle nuove tecnologie

Dopo Lufthansa anche Stellantis ha restituito in anticipo il prestito anti pandemia con garanzia pubblica ottenuto a giugno 2020. L’allora Fca (la fusione con Psa è del gennaio 2021) aveva ricevuto 6,3 miliardi da Intesa Sanpaolo con garanzia Sace. Sempre nel 2020, il gruppo aereo tedesco prese dal governo di Berlino 3,8 miliardi su 9 a disposizione. Entrambi gli aiuti erano condizionati a tutelare le perdite operative, l’occupazione e le filiere nazionali. Restituire i soldi pubblici in largo anticipo ha il medesimo obiettivo: liberare le mani ai management.

 

Lufthansa ha già effettuato un aumento di capitale e si è finanziata sul mercato per l’equivalente degli aiuti per tornare a puntare sul business internazionale, come testimoniato dall’offerta per Ita, la minicompagnia nata da Alitalia, assieme a Msc. Quanto a Stellantis, azienda manifatturiera e non di servizi, che opera in un settore critico per la trasmigrazione green, il discorso è più complesso. La crisi dell’auto non è solo di vendite come riflesso della pandemia, è tecnologica e di materie prime, come testimoniano da ultimo i 700 licenziamenti alla Bosch di Bari, i 550 esuberi alla Marelli, i 4 mila posti di lavoro a rischio in Italia per il passaggio all’elettrico. In ogni caso, l’uscita dalla tutela pubblica è una buona notizia. Non è con i prestiti governativi, sostegni e bonus che riparte l’economia. Tanto meno un settore come l’auto.

  

I miliardi risparmiati dal Tesoro possono essere impiegati in investimenti proprio mirati al green e alle nuove tecnologie: non c’è bisogno di fabbriche statali stile Iri, si tratta di puntare risorse sulla ricerca, sui politecnici, sul collegamento scuola-lavoro, su tutto ciò che di innovativo serve alle aziende. E magari a livello europeo e internazionale bisogna muoversi perché il passaggio al verde e i rigidi vincoli annuali su emissioni e produzione siano davvero un’evoluzione (cioè progressivi e soggetti a tutti i controlli sul modello del Next Generation Eu), e non portino a un bagno di sangue.

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