L'intervista

“L'Inpgi passa all'Inps? Prima ricalcoliamo le pensioni dei giornalisti”. Parla Boeri

Luciano Capone

“La legge di Bilancio finanzia un ammortizzatore sociale per i giornali molto generoso: una Quota 87. Se c’è un salvataggio bisogna intervenire sui trattamenti, è pazzesco che debbano farsene carico i contribuenti". L'ex presidente dell'Inps contesta la decisione del governo:  "Un precedente pericoloso"

“Quella del governo non è un’operazione equa”. Tito Boeri, ex presidente dell’Inps, è molto critico sulle modalità del passaggio all’Inps dell’Inpgi, la dissestata cassa previdenziale dei giornalisti. C’è un certo imbarazzo sul tema nei media. E non è un caso che l’articolo di Boeri, scritto con il collega della Bocconi Roberto Perotti, sia uscito sul sito Lavoce.info e non su un giornale tradizionale. Non che la notizia sia un fulmine a ciel sereno, l’Inpgi ha uno squilibrio strutturale insanabile: 250 milioni di disavanzo annuo, un deficit superiore al 50%. Come ne voleva uscire la categoria? “L’ipotesi su cui aveva lavorato l’allora sottosegretario al Lavoro Durigon – risponde Boeri – era quella di scippare contribuenti dell’Inps e portarli nell’Inpgi per continuare a finanziare le generose pensioni. I prescelti erano i comunicatori, che però non erano affatto d’accordo”. Anziché amputare l’Inps di contribuenti per far continuare l’Inpgi come prima, il governo ha deciso di far confluire la cassa dei giornalisti nella previdenza statale. “Portare l’Inpgi nell’Inps era inevitabile, ma bisognava intervenire sui trattamenti in essere”.

 

Sono elevati? “Non hanno corrispettivo nel sistema pensionistico, non c’è paragone neppure con i privilegi del settore pubblico”. Perché? “I contributi venivano valorizzati con tasso di rendimento del 2,66%. Nel sistema retributivo pubblico il rendimento era al massimo del 2%, ma normalmente inferiore all’1%. Ciò vuol dire pensioni più alte dell’ultima retribuzione”. Cos’altro non va? “La legge di Bilancio finanzia un ammortizzatore sociale per i giornali molto generoso, 62 anni di età e 25 di contributi: una Quota 87. Inoltre è possibile avere fino a 5 anni di contributi virtuali, che fanno aumentare la pensione del 20%. Tutto questo a carico della collettività, pagato al 70% dallo stato”. Cosa si sarebbe dovuto fare? “Se c’è un salvataggio bisogna intervenire sui trattamenti. È pazzesco che debbano farsene carico i contribuenti, anche perché il disavanzo dell’Inpgi non è di poco conto, sono 250 milioni l’anno, tra l’altro con uno scenario di entrate decrescenti a causa della crisi del settore”.

 

Insomma, ciò che chiede è che insieme al bail-out (salvataggio) ci sia un bail-in (taglio delle pensioni), un po’ come avviene nel settore bancario. “Quello è il punto. Non devono esserci disparità di trattamento, innanzitutto per una questione di equità, ma anche perché temo che questo non è l’unico caso. Altre casse private sono in difficoltà, sono strutturalmente vulnerabili perché si riferiscono a professioni circoscritte, e se il settore va in crisi le casse saltano. Altre casse finiranno per entrare nell’Inps e perciò quello dei giornalisti è un precedente importante e pericoloso”. Può alimentare l’azzardo morale. “Certo, se non c’è un bail-in sulle prestazioni ricche si incentivano gestioni poco responsabili”. La difesa del governo potrebbe essere che si tratta di “diritti acquisiti” e un taglio delle pensioni, seppure alte, sarebbe bocciato dalla Corte costituzionale. “Non sono un giurista, ma non sarebbe la prima volta che si fa un ricalcolo. Altre casse sono intervenute sui trattamenti in essere, anche in modo piuttosto pesante, addirittura con il ricalcolo contributivo. Si poteva benissimo chiedere all’Inpgi un intervento sulle prestazioni prima di entrare nell’Inps”.

 

C’è un’altra cosa che non torna nella soluzione del governo Draghi. Resta in piedi l’Inpgi 2, che è in avanzo di 45 milioni. Così l’Inps si accolla solo i debiti, possibile che l’istituto non dica niente? “Inpgi 2 è in attivo perché composta da autonomi e freelance, tanti contribuenti e pochi pensionati, ma è destinata ad avere problemi in futuro. Questa separazione non ha senso, serve solo per tenere in piedi il cda e garantire quelle posizioni. Non li hanno neppure commissariati”. Salve le pensioni retributive, salvi i vertici dell’Inpgi, pagano i contribuenti. Quando nel 2011 il ministro Elsa Fornero disse che l’Inpgi aveva problemi di sostenibilità, venne attaccata ferocemente dal settore, con in testa il sindacato (Fnsi). Da allora tutti i politici si sono guardati bene dall’intervenire per non urtare la sensibilità di nessuno. Ma così vuol dire che la politica si muove solo quando è troppo tardi. “E’ per questo che serve una supervisione stringente sulle casse, magari affidata alla Covip. Era l’occasione giusta per farlo ed è grave che il governo non l’abbia fatto”.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali