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Quel passaggio che manca alla Nadef per sbloccare i cantieri

Enrico Zanetti

L’anno è andato meglio delle previsioni iniziali, ma ancora non si sa se la proroga degli incentivi e dei bonus sarà accompagnata dalla proroga della possibilità di fruirne sotto forma di sconto sul corrispettivo in fattura o di cessione del credito di imposta

La Nota di aggiornamento al Def 2021 (Nadef) ha confermato che l’anno che va concludendosi è andato assai meglio delle iniziali previsioni, con una crescita del Pil reale al 6% che implica un +33,3% rispetto alla previsione di crescita al 4,5% dello scorso aprile. Per i prossimi tre anni, il quadro tendenziale validato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (scaduto ormai da oltre un anno e mezzo, ma ancora lì a validare quadro macroeconomici, tra l’imbarazzo generale delle istituzioni europee) prevede un trend di crescita ulteriore del 4,2% nel 2022, del 2,6% nel 2023 e dell’1,9% sul 2024 che il governo, sul piano programmatico, è convinto di poter ritoccare al rialzo di un ulteriore 0,5% sul 2022 e 0,2% sul 2023. Il premier Draghi, in conferenza stampa, ha sottolineato come, con questi numeri, il livello del Pil reale tornerebbe ai livelli pre-COVID del 2019 già a metà del 2022, mentre la Nadef evidenzia che il riassorbimento degli effetti della crisi anche in termini di trend di crescita si avrà nel 2024. In altre parole, nel 2022 verrebbe riassorbita la crisi COVID in termini di decrescita rispetto al 2019, mentre solo nel 2024 la crisi verrebbe riassorbita anche in termini di percorso di crescita preventivato nel 2019 sugli anni successivi.

 

Tra le misure di rilievo economico e sociale che concorreranno a plasmare il “sentiero programmatico per il triennio 2022-2024”, la Nadef 2021 cita “quelle relative al sistema sanitario, al Fondo di Garanzia per le PMI e agli  incentivi  all’efficientamento energetico degli edifici e agli investimenti innovativi”, aggiungendo che “si sarà inoltre in grado di attuare la riforma degli ammortizzatori sociali e un primo stadio della riforma fiscale” e che “l’assegno unico universale per i figli verrà messo a regime”.
 Nessun accenno nel testo dunque alla (politicamente assai divisiva)  riforma del catasto, ma nella conferenza stampa il premier Draghi ne ha parlato, dicendo che sarà compresa nella legge delega per la riforma del sistema fiscale e rassicurando sul fatto che nessun contribuente pagherà di più (concetto invero abbastanza misterioso, nell’istante in cui la riforma si propone di non diminuire il gettito complessivo è di fare equità tra i contribuenti). Per altro, proprio relativamente alla riforma fiscale, è agevole notare come la prospettata attuazione di una “grande riforma fiscale” si sia già sgonfiata nella promessa di attuare al più “un primo stadio” che è agevole prevedere sarà assai più simile a quella manutentoria del 2013-2014 che non a quella rivoluzionaria degli anni ’70.
 C’è invece l’accenno al rifinanziamento degli “incentivi all’efficientamento energetico degli edifici” che già sta facendo esultare imprese, condomìni e proprietari di immobili per una  proroga  del superbonus almeno fino a tutto il 2023.


Proroga che sarebbe senza dubbio opportuna (anche perché lo Stato ci ha messo del suo per rendere davvero problematica la fase di avvio della misura, con aggiustamenti e cambiamenti normativi continui), ma che certamente, per essere debitamente festeggiata, necessiterebbe di qualche elemento informativo in più.
 Innanzitutto, è lecito chiedersi se il solo riferimento agli incentivi di efficientamento energetico e non anche a quelli di miglioramento sismico, sia frutto soltanto di una scarsa dimestichezza con la materia, oppure se  preluda  ad una precisa scelta volta a non prorogare, oltre gli attuali termini, gli incentivi del pacchetto sismabonus (compreso il c.d. “sismabonus acquisti”).
 Inoltre, resta sullo sfondo la vera questione, ossia se la proroga degli incentivi, ristretta o ampia che sia, sarà accompagnata dalla proroga della possibilità di fruirne sotto forma di  sconto sul corrispettivo in fattura o di cessione del credito di imposta, in luogo dello scomputo in dichiarazione dei redditi per quote costanti dall’imposta lorda.


 

Chi conosce la materia sa bene, infatti, che è stata questa generalizzazione di sconto in fattura e cessione del credito ad accendere un faro sugli incentivi “edilizi”, assai più del potenziamento della  percentuale  di una detrazione comunque fruibile soltanto a scomputo dell’imposta lorda sul reddito (per chi ha un’imposta lorda capiente).
 È vero che le somme in gioco, in termini di copertura finanziaria, sono ingenti, ma con l’approssimarsi della fine dell’anno sarebbe davvero opportuno che venisse posta la parola fine a questo stucchevole balletto di “sì, no, forse” e si dicesse chiaramente cosa verrà prorogato e per quanto.
 Basterebbe questa informazione per sbloccare da subito un sacco di  cantieri  su cui attualmente gli interessati tergiversano, in attesa di capire quale sarà lo scenario sul 2022.

 

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