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Ecco perché banche piccole e “territorio” non funzionano bene

L'inedito asse a difesa del Monte dei Paschi, che per destra e sinistra va benissimo così com'è. Il vero oggetto del contendere sono le migliaia di dipendenti, formidabile serbatoio di voti

“A me e alla Lega interessa solo che, con i soldi pubblici, non si favoriscano ancora una volta banche private che non ne hanno bisogno, sacrificando migliaia di lavoratori e chiudendo centinaia di sportelli. Un gravissimo danno per il territorio”. Matteo Salvini dixit. Ma anche Eugenio Giani, presidente pd della regione Toscana, usa più o meno le stesse parole e concetti: “Non c’è fretta che lo stato svenda a privati. Né la Toscana può trovarsi con una banca fra le più importanti in Europa e quinta in Italia, di fronte a una incorporazione da parte di Unicredit”. Un inedito asse a difesa del Monte dei Paschi, che per destra e sinistra va dunque benissimo così com’è, quasi sia un capolavoro del credito e non un istituto che dal 2008 ha bruciato oltre 23 miliardi di denari pubblici, ha chiuso il bilancio 2020 con un rosso di 1,68 miliardi (2,34 l’utile, seppure in calo, di Unicredit) e appena ottenuto il peggior risultato negli stress test europei tra i cinque istituti italiani esaminati.

    

Perché questa identità di vedute? Non certo perché alleati di governo: nel mirino c’è infatti Daniele Franco, ministro dell’Economia e vicinissimo a Mario Draghi. Ma, notare, se Salvini ripete le sue litanie (“la banca territoriale, il credito alle piccole imprese, il favore ai privati”) da leader della Lega, il Pd non può esprimersi attraverso il suo segretario Enrico Letta. E questo perché Letta è candidato a Siena nelle suppletive del prossimo ottobre, per il seggio alla Camera che fu di Pier Carlo Padoan, ex ministro dell’Economia trasmigrato proprio alla presidenza di Unicredit. Come dire: l’esperienza diretta dovrebbe far bene, invece diviene motivo di attacchi sterni e pruderie interne. Infatti di là sindaco di Siena è Luigi De Mossi, del centrodestra, voluto da Salvini come primo passo per la conquista, poi fallita, della Toscana.

      
Il vero oggetto del contendere sono dunque non il modello di banca territoriale né i poteri forti dei privati, soliti refrain salviniani, ma gli oltre 20 mila dipendenti di Mps, un formidabile serbatoio elettorale, per i quali si profilano circa 5 mila esuberi, che peraltro potrebbero essere gestiti dal fondo esuberi bancari senza “macellerie sociali” e “logiche da supermarket” sbandierate da tutte e due le parti.

   

Basta un dato: negli ultimi dieci anni il settore del credito a livello europeo ha registrato circa 360 mila licenziamenti, nello stesso periodo di crisi le banche italiane non hanno licenziato nessuno. E, considerando anche che dei 1.400 sportelli di Mps, Unicredit è interessato a rilevarne 1.250, e gli altri andrebbero al Mediocredito centrale che già controlla la Popolare di Bari, allora di che stiamo parlando? Non della storica sede di Rocca Salimbeni, che non verrebbe trasferita a Milano, né del marchio di più antica banca del mondo, che rimarrebbe ad adornare Siena. Il problema è la produttività dei 20 mila dipendenti il cui rapporto con il risultato di bilancio è pari a una perdita di 84 mila euro a testa, mentre gli 80 mila di Unicredit producono 30 mila di utile. Senza contare quei 23 miliardi di capitali pubblici, con i quali il rapporto dipendenti-costi di Mps potrebbe superare l’Alitalia. E la macelleria bancaria, e il modello territoriale?

       
Uno studio del 2019 della Bce dimostra che le banche in Europa sono ancora troppe, ma dove sono meno le cose vanno meglio. La Germania è il paese più “overbanked” con 565 mila dipendenti, eppure il credito alle imprese non funziona come dovrebbe a causa dell’incomunicabilità tra casse di risparmio, Landesbanken, banche cooperative e banche private. I problemi di Commerzbank e Deutsche Bank, e i salvataggi delle Landes fuori dal controllo della Bce, ne sono esempi.

  

L’Italia, e ancora più la Spagna, ha ridotto il numero degli istituti e dei dipendenti (270 mila). Il consolidamento, secondo un altro report 2020 di Bankitalia, ha fatto bene ai flussi di credito: il costo dei finanziamenti, problematico nel 2014, è ai minimi storici, grazie anche ai tassi sottozero. Il problema è caso mai la dimensione micro delle imprese, al quale si cerca di ovviare con consorzi e confidi per migliorare l’accesso alla liquidità. Un handicap storico che però, specie quando si avvicinano le elezioni, il populismo dichiarato della Lega e quello non dichiarato del Pd, lucidano a nuovo, presentandolo come una risorsa da tutelare, un blasone da lucidare.