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Editoriali

Come tagliare la bolletta. Il fondo del governo contro il caro-prezzi

Redazione

La misura adottata ieri in Consiglio dei ministri ha senso, diventi strutturale

Il governo ha stanziato 1,1 miliardi per mitigare un aumento monstre delle bollette. Le risorse provengono dalle aste per i permessi a emettere CO2. Si tratta di un meccanismo europeo attraverso il quale le grandi imprese sono chiamate ogni anno a tagliare le emissioni per contribuire alla neutralità climatica nel 2050. La facoltà di scambiarsi le quote di emissione garantisce che il risultato sia raggiunto al minor costo. Il problema è che la ripresa economica in atto e la crescente ambizione degli obiettivi ambientali hanno fatto schizzare il prezzo dei permessi, che ieri venivano scambiati oltre i 55 euro, dopo anni al di sotto dei 30. Questo incremento dei costi, almeno in parte, si trasferisce ai consumatori. E si somma agli aumenti del costo all’ingrosso dell’energia elettrica, dovuto all’alta domanda estiva e al rincaro del gas naturale.

 

E’ assai razionale impiegare la rendita da CO2 per mitigare il caro-prezzi: in tal modo si salva l’effetto allocativo (penalizzare i combustibili fossili) senza danneggiare i consumatori. Ora servono altri tre passi. Il primo riguarda il superamento dell’emergenza, rendendo strutturale la misura anziché spendere il gettito delle aste a favore di questa o quella tecnologia. Secondariamente, dal punto di vista tecnico, l’operazione transita per i cosiddetti oneri generali di sistema, gran parte dei quali legati ai sussidi alle fonti rinnovabili: l’esecutivo dovrebbe tesaurizzare il loro calo man mano che i precedenti cicli di incentivazione arrivano a scadenza, senza elargire ad altri questo “tesoretto”. Infine, il maxi-aumento riguarda soprattutto i clienti in maggior tutela: coloro che, sul libero mercato, hanno sottoscritto contratti a prezzo bloccato ne sono esenti e, nei fatti, godranno di uno sconto. Il ministero della Transizione ecologica dovrebbe prenderne atto e rispettare gli impegni sulla piena liberalizzazione presi con la Commissione Ue per arrivare puntuale all’appuntamento del 1 gennaio 2023.

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