Ritorna la domanda di beni di lusso nel mondo, ma il carrello degli italiani comincia a svuotarsi

Mariarosaria Marchesano

I risultati del primo trimestre di Lvmh mostrano che i consumi voluttuari sono in forte ripresa nei mercati asiatici e americani. Secondo Coldiretti, in Italia cala l’acquisto di cibo. La ripresa economica è già arrivata solo in alcuni paesi

I risultati del primo trimestre di Lvmh - il più grande gruppo mondiale del lusso che controlla una settantina di marchi tra moda, profumi, cosmetica e vino-alcolici – ci dicono molto di più di un buon inizio anno per la maison guidata da Bernard Arnault dopo il crollo delle vendite del 2020. Rappresentano una delle prime conferme di come il consumo di beni voluttuari sia in forte ripresa a livello globale ma in modo selettivo rispetto alle aree geografiche colpite dalla pandemia e a seconda dei canali di vendita.

 

 

Lvmh ha visto nei primi tre mesi di quest’anno una crescita del 32 per cento del fatturato (a quota 14 miliardi) rispetto allo stesso periodo del 2020 e c’è stato anche un aumento dei ricavi organici rispetto al primo trimestre del 2019, cioè prima che il coronavirus costringesse tutti a stare in casa e a vestirsi in modo casual. L’aumento maggiore ha riguardato abiti e accessori  (più 52 per cento) seguiti da vino e liquori (più 36 per cento), orologi e gioielli (più 35 per cento), e profumi e cosmetici (più 18 per cento).

 

Se ne potrebbe dedurre che un numero crescente di persone (che se lo può permettere) sceglie di tornare a vivere portando una borsa di Lady Dior, bevendo champagne, indossando un pullover Loro Piana o un gioiello Tiffany (questo è il primo anno in cui Lvmh ha integrato la casa di gioielli americana). Ma a ben guardare, questo risultato è dovuto soprattutto alla crescita della domanda che arriva dai mercati asiatici e americani, che si stanno riprendendo molto più velocemente dalla crisi sanitaria, e all’exploit degli acquisti online. Al contrario, le vendite al dettaglio nei negozi europei ancora languono sia per lo stop ai viaggi internazionali dello shopping sia per la chiusura prolungata dei negozi stessi e anche perché il settore turistico è congelato. E non è dato (ancora) di sapere se l’e-commerce potrà mai compensare l’impatto della sospensione dei viaggi internazionali e della chiusura dei punti vendita tant’è che Lvmh ormai iscrive queste vendite in una categoria a parte (“selective retailing”) che rispetto al 2019 fa ancora meno 30 per cento.

 

Che l’Europa potesse essere l’area più colpita dalla crisi dei consumi dei beni di lusso, era stato previsto da diversi studi internazionali che già lo scorso anno avevano ipotizzato una ripresa più lenta a causa del perdurare dei contagi e dei ritardi nei vaccini. Ma adesso è praticamente certo che le cose stiano così e non è un caso che praticamente tutte le maison del fashion del Vecchio Continente stiano rivolgendo più di prima lo sguardo al mercato cinese. Il lusso diventa così la cartina al tornasole della ripresa economica diseguale nel mondo dopo la grande crisi sanitaria e dell’accelerazione dei consumi digitali soprattutto per chi non ha subito un impatto sul reddito.

 

Al momento, non sono disponibili dati aggiornati sui consumi di prodotti del lusso in Italia (a giudicare dall’incremento dei depositi bancari e dei risparmi non ci sarebbe da sorprendersi se facessero registrare un incremento), ma negli ultimi giorni è emerso che c’è stato per la prima volta un calo nella spesa dei beni di prima necessità. Secondo la Coldiretti, gli italiani stanno tagliando l’acquisto di cibo (a febbraio-5,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2020). Se il dato venisse confermato, sarebbe una brusca inversione di tendenza dopo che l’alimentare era risultato il settore che aveva resistito meglio alla crisi con un aumento delle vendite al dettaglio determinato anche dal maggior tempo trascorso a casa.

 

Troppo presto per dire come sarà il mondo dopo la pandemia, ma di certo questi trend fanno intuire che la ripresa economica è già arrivata solo in alcuni paesi e che le priorità di spesa, mai  come oggi, non sono uguali per tutti.