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Qual è Il futuro del risparmio?

Paolo Galvani*

Come combattere la creazione delle info-bolle che offrono il terreno perfetto per investimenti a rischio

L’inizio del 2020 è stato per moltissime persone un periodo ad alta intensità emotiva. Osservarlo dal punto di vista dei mercati finanziari offre spunti interessanti. Un adagio un po’ logoro vuole che le forze che muovono i mercati finanziari siano la paura e l’avidità, in realtà le dinamiche che determinano l’azione degli investitori sono varie e complesse. Nei momenti di forte volatilità, quando i mercati vanno sulle montagne russe alternando veloci discese a repentine risalite, emergono con grande evidenza tutti quei bias cognitivi che portano gli investitori retail a compiere scelte sbagliate. Ai primi segnali di forte volatilità e, ancor di più, durante il sell-off sui mercati azionari la reazione istintiva è quella di correre ai ripari uscendo dal mercato. Lo raccontano i dati sulla crescita delle riserve di liquidità delle famiglie italiane (+34,4 miliardi nei mesi dell’emergenza); anche sul fronte del risparmio gestito il trend da inizio anno è chiaro, con la fuga dai fondi di lungo termine (-€11,8mld nei primi 5 mesi dell’anno) e lo spostamento verso fondi meno volatili come quelli monetari per un totale di +€8.4 miliardi (Assogestioni) e sui conti correnti +7 miliardi (Banca d’Italia). 

 

 

Sebbene un atteggiamento cautelativo e di protezione non sia condannabile di per sé, spesso la corsa al disinvestimento avviene sull’onda dell’emotività ed è frutto di un bias cognitivo noto come loss aversion: il danno causato da una perdita finanziaria viene percepito più forte della soddisfazione di un guadagno di uguale portata. Spesso oltretutto ci si trova a dover mettere sulla bilancia lo status quo garantito dalla liquidità e un guadagno che è solo potenziale e spostato in là nel tempo. Purtroppo, però, inseguire impulsi di breve termine fa dimenticare gli obiettivi d’investimento e può arrecare danni alla costruzione della propria posizione finanziaria. La veloce ripresa dei mercati finanziari rende l’idea delle perdite realizzate da coloro che hanno deciso di disinvestire sull’onda dell’emotività. Certo col senno di poi è facile, ma proprio per questo la maggior parte degli investitori dovrebbe prevenire piuttosto che curare, affidandosi a una strategia di lungo termine e a professionisti che sappiano individuare un’esposizione al rischio equilibrata e far percepire il valore della pianificazione finanziaria. Speculare all’avversione alle perdite è l’attrazione per il trading e in generale per gli investimenti di tipo speculativo (anche su asset class alternative), che hanno avuto negli ultimi mesi un’impennata significativa documentata praticamente da tutti i broker attivi nel settore. Anche in questo caso ad agire sono una serie di distorsioni cognitive come l’overconfidence, l’illusione di poter controllare fenomeni che per loro natura sono incontrollabili e la paura di essere tagliati fuori dalla rincorsa dei mercati (fear of missing out).

 

Robinhood, piattaforma pioniera del trading senza commissioni, ha raggiunto 3 milioni di nuovi utenti nel 2020, molti dei quali giovanissimi investitori alle prime armi. L’esperienza della quarantena ha aggiunto una dimensione sociologica al fenomeno: da anni l’industria ha mosso passi da gigante verso la cosiddetta gamification degli investimenti. Questa “ludificazione” è una conseguenza indiretta della democratizzazione dei mercati finanziari, nei quali oggi si può investire in modo rapido anche con poche risorse e attraverso interfacce costruite per rendere l’esperienza piacevole e intuitiva. Non c’è da stupirsi che l’utilizzo di questi servizi sia cresciuto molto durante la quarantena, in parallelo al gioco d’azzardo e all’home entertainment.

 

Senza voler demonizzare un intero settore, vale la pena notare che strumenti acquistabili tramite piattaforme di trading come i CFD e le opzioni binarie sono stati negli scorsi mesi oggetto di restrizioni da parte delle autorità europee di vigilanza, a conferma della loro rischiosità nelle mani degli investitori retail. Il confirmation bias, ossia la tendenza a selezionare prove che tendono a confermare la nostra visione precostituita dei fatti ignorando le evidenze contrarie, diventa sempre più pericoloso in un contesto in cui l’informazione viene ormai consumata attraverso canali monotematici o che non offrono una mediazione professionale delle notizie. Gli stessi motori di ricerca, che tendono a personalizzare i risultati delle nostre ricerche, facilitano la creazione di bolle informative che diventano il presupposto di scelte di investimento molto rischiose. 

 

*Co-fondatore e Chairman Moneyfarm

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