Domenico Parisi, presidente dell'Anpal durante la sua audizione in videconferenza in commissione Lavoro

“Non è vero che io non sono in Italia”, dice dal Mississippi Mimmo Parisi

Luciano Capone

Il presidente di Anpal, in audizione in commissione Lavoro della Camera, usa tutta la sua brillantezza per le giustificazioni. La più surreale è quella sulla sua assenza

Roma. La parte più surreale dell’intervento è stata quando, in collegamento dagli Stati Uniti, ha accusato i media di aver diffuso la falsa credenza che al momento non è in Italia. “Sono un po’ mortificato dall’idea che si sia creata la percezione che non sono presente in Italia. Non è vero. Io sono presente in Italia”, ha detto Mimmo Parisi dal Mississippi, collegato in videoconferenza per l’audizione in commissione Lavoro.

 

Il presidente dell’Anpal era molto atteso dai deputati di tutti i partiti – dalla Lega a Forza Italia, da Fratelli d’Italia al Pd – che volevano dei chiarimenti definitivi sull’incompatibilità del professore italo-americano visto il suo doppio incarico all’Università del Mississippi, sulla sua fuga dall’Italia durante il lockdown e sulla nota spese gonfiata da voli transoceanici in business class e mai pubblicata. Tutti i partiti, dicevamo, tranne il M5s con l’ex sottosegretario al lavoro Claudio Cominardi a dire che le domande erano fuori tema rispetto all’audizione che riguardava le conseguenze occupazionali del Covid. Su questo punto principale, in effetti, Parisi non ha detto granché a parte l’esposizione di un grafico lapalissiano per spiegare che: “Se il pil si contrae la disoccupazione aumenta”.

 

Tutta la sua brillantezza, il professore chiamato da Luigi Di Maio per ridisegnare le politiche attive al tempo del reddito di cittadinanza, l’ha conservata per le giustificazioni. La più surreale, dicevamo, è quella sulla sua assenza. Prima ha detto che “non è vero” che non è in Italia. Ma, trovandosi in Mississippi, poco dopo ha affermato che è negli Stati Uniti perché “l’incarico non richiede di rinunciare alla famiglia”, ed è quindi “del tutto normale tornare per una settimana”. Il problema è che Parisi è lì da almeno due settimane e non si sa quando tornerà, visto che i voli sono bloccati, cosa di cui era perfettamente a conoscenza quando ha lasciato Roma. Oltre alla difesa con scuse improbabili, che è il su punto forte, Parisi è partito al contrattacco, facendo un confronto con il suo predecessore, Maurizio Del Conte, che tornava molto più spesso di lui a casa. “Per non creare problemi io torno una volta al mese, ma sono stato anche 8 settimane senza tornare a casa”. Il problema è che Del Conte tornava nel weekend a Milano, in Lombardia, con il treno e non a Starkville, in America, con l’aereo in business class.

 

Anche su questo tema sono stati chiesti chiarimenti, perché da un’interrogazione parlamentare del Pd è emerso che Parisi ha speso 70 mila euro di voli business da e per gli Stati Uniti. “Sono d’accordo che si può pensare che sia opportuno usare una forma più economica – ha detto l’uomo indicato dal M5s – ma è un problema di salute. Una volta al mese… ci sono problemi di schiena. Non è una questione di lusso, ma di salute”. E in ogni caso, Parisi ha aggiunto che è tutto in regola, visto che “la norma italiana prevede che oltre le 5 ore [di viaggio] uno può usare la business class”. Ciò che non dice Parisi è che quella norma l’ha scritta lui. Appena insediatosi, in qualità di amministratore unico della società controllata “Anpal servizi”, Parisi ha modificato con una determinazione unilaterale il regolamento per il rimborso delle spese, inserendo all’articolo 2 un comma specifico per farsi pagare i voli business per gli Stati Uniti: “Per il trasporto aereo è rimborsabile di norma la classe economica, salvo voli transcontinentali superiori alle 5 ore”. Quanto alla rendicontazione delle spese sostenute in un anno, Parisi ha risposto che non è ancora pubblica perché non si sa se siano “spese sostenute da Anpal o da Anpal Servizi”, che però sono due società sotto il suo controllo, di cui è rispettivamente presidente e amministratore unico.

 

Resta aperta anche la questione dell’incompatibilità con gli incarichi alla Mississippi State University: Parisi dice di avere un parere favorevole di Palazzo Chigi. Afferma anche che sinora non era in aspettativa: “Ho cessato il rapporto di lavoro”. Una versione diversa sia dalla Mississippi State University sia dal ministero del Lavoro, entrambi hanno parlato di aspettativa. Mistero. Parisi doveva chiarire tutto, ma non ha chiarito nulla.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali