Domenico Parisi con Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Inaffondabile navigator

Luciano Capone

Salta (ancora) il piano industriale di Anpal. Parisi ignora le richieste sulle spese della Catalfo e resta al suo posto

Roma. Ieri è saltato il cda di Anpal. Il presidente, invece, resta al suo posto. Almeno per il momento. Perché la posizione di Domenico Parisi, l’uomo messo da Luigi Di Maio alla guida dell’Agenzia per le politiche attive, diventa sempre più insostenibile a causa delle polemiche per le sue spese, dell’ormai evidente conflitto con il ministero del Lavoro, della spaccatura in cda e dello scontro con il suo direttore generale. Andiamo con ordine.

 

Il Consiglio avrebbe dovuto approvare il piano industriale triennale 2020-2022 di Anpal, riscritto da Parisi dopo che lo scorso 26 marzo lo stesso cda si era rifiutato di votarlo. Ma non è stato approvato neppure stavolta. Perché gli altri due membri del board – in rappresentanza del ministero del Lavoro e delle Regioni – hanno chiesto il rinvio del cda. L’unico disponibile era proprio Mimmo Parisi, che secondo voci di corridoio sarebbe rientrato in Italia per fissare la sua poltrona traballante. Naturalmente l’indisponibilità degli altri membri del Cda, che lascia ancora l’Anpal senza piano industriale, è la manifestazione di un enorme problema politico: la posizione minoritaria di Parisi in cda, il tentativo delle regioni di commissariarlo, la sua perdita del controllo dell’Agenzia e il rapporto ormai lacerato con il ministro del Lavoro.

 

Tutto nasce dai risultati deludenti e dalla gestione autoreferenziale dell’ente da parte di Parisi e trova il punto di caduta su un tema molto caro al M5s e al ministro Nunzia Catalfo: i rimborsi spese.

In particolare i voli mensili in business class verso gli Stati Uniti costati decine di migliaia di euro (40 mila secondo Parisi, 70 mila secondo un’interrogazione del Pd) e mai rendicontati. Le polemiche sono esplose dopo che il Foglio ha rivelato la sua “fuga” in Mississippi nel mezzo della pandemia: tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione (tranne il M5s) ne hanno chiesto le dimissioni. 

  

 

In audizione, collegato dall’America, Parisi si è giustificato dicendo che “non è vero che non sono presente in Italia” e spiegando che i suoi voli in business class “non sono una questione di lusso, ma di salute: ho il mal di schiena”. E poi ha proseguito con un attacco al ministero del Lavoro che deve “vigilare” ma “non interferire” nelle attività del presidente dell’Anpal.

 

Il Foglio è in grado di ricostruire i motivi alla base dello scontro tra Parisi e il ministro Catalfo. Lo scorso 14 aprile il Segretario generale del ministero del Lavoro Raffaele Tangorra, in seguito all’interrogazione dei parlamentari del Pd Chiara Gribaudo e Tommaso Nannicini, ha avviato un’ispezione sulle spese di Parisi: in una dura lettera viene contestata al presidente dell’Anpal la legittimità della procedura con cui Parisi si è attribuito i rimborsi. Il ministero richiede diversi “atti e documenti che non gli erano stati affatto trasmessi”, in particolare “la procedura di rimborso delle spese”. Perché il presidente dell’Anpal, senza passare dal cda, ha emanato da amministratore unico di Anpal Servizi una “determinazione unilaterale” con cui si è riconosciuto “tipologie di spese sensibilmente più ampie” rispetto alle norme precedenti. E secondo il ministero, in assenza di una deliberazione del cda, il regolamento attraverso cui Parisi si è rimborsato decine di migliaia di euro sarebbe illegittimo: “Una mera determinazione unilaterale dell’Amministratore unico di Anpal Servizi nonché Presidente di Anpal – scrive il ministero – non sembrerebbe idonea, né capace di produrre effetti”.

 

Dopo questa lettera anche il direttore generale dell’Anpal Paola Nicastro, su indicazione del ministero, ha scritto ad Anpal Servizi (cioè al suo stesso presidente) per chiedere un “resoconto analitico” di tutte le spese finora rimborsate al suo presidente e la sospensione della norma che Parisi si è scritto su misura “in quanto, secondo l’avviso espresso dal Ministero del Lavoro, tale determinazione non risulta idonea a conferire efficacia al regolamento”.

 

Il 27 aprile arriva la risposta di Parisi al ministero. Il professore del Mississippi sostiene che il suo regolamento “deve considerarsi pienamente valido” e pertanto deve essere attuato per “evitare di incorrere in forme di responsabilità, tra cui quella erariale”. Insomma, in maniera davvero surreale, Parisi afferma che Anpal commetterebbe un danno erariale se non pagasse i suoi costosi voli in business class. E non il contrario. Nella lettera arriva a sostenere che le richieste di chiarimento del ministro Catalfo sono “un tentativo di travalicare ulteriormente i confini del proprio ruolo di vigilanza”. Infine il presidente dell’Anpal Parisi attacca il dg di Anpal il proprio direttore generale, che, eseguendo le indicazione del ministero, sarebbe fuoriuscito “dalla sfera delle proprie competenze”. E così, dopo aver accusato il ministero del Lavoro e il dg di Anpal ovvero il proprio direttore generale, Parisi non ha risposto alle richieste. Due giorni dopo, ieri, è saltato il cda. Parisi ancora no. Il capo dei navigator si sente inaffondabile.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali