"Le terre emerse coprono due terzi del pianeta, noi copriamo il resto" è lo slogan pubblicitario della Msc. Nella foto LaPresse, una nave del gruppo a Cuba

L'impero del mare

Stefano Cingolani

Trasporti e logistica: è qui la chiave del commercio mondiale. E lungo le rotte che attraversano gli oceani, gli italiani sono in prima fila

Mediterraneo, Baltico, Mar della Cina, Golfo Persico: chi li controlla ha in mano gli equilibri del mondo intero; in questi specchi d’acqua tra isole e continenti si svolge la grande partita di questo secolo. I protagonisti sono sempre gli stessi: Stati Uniti, Russia, Cina, una Europa tremebonda e un mondo islamico in subbuglio. Ma se vogliamo capire chi ha in mano le carte migliori dobbiamo seguire le flotte, quelle militari naturalmente, ma ancor prima le gigantesche navi cariche di container o di idrocarburi: sono loro a indicarci il tragitto del futuro, perché il gioco dello scambio è la piattaforma del Grande Gioco. Ebbene, lungo le rotte mercantili che attraversano gli oceani troviamo degli italiani in prima fila. Si potrà stupire chi ha cavalcato il declinismo catastrofista, ma se cerchiamo un’Italia che non molla, che crea campioni internazionali e siede a pieno titolo tra i colossi economici del XXI secolo, anziché girare come Diogene, lanterna in mano, per il pluri-celebrato nord-est, dovremmo imbarcarci come Ulisse e varcare le colonne d’Ercole.

 

Le regine dei mari parlano danese come la Maersk, numero uno al mondo nel trasporto di merci, con un fatturato di oltre 35 miliardi di dollari e 88 mila dipendenti, compagnia nata a Copenaghen nel 1904 dal capitano Peter Maersk Møller, gestita ancora dagli eredi. E parlano italiano come la Msc (Mediterranean Shipping Company) fondata a Napoli nel 1970 dal capitano Gianluigi Aponte, che insegue al secondo posto (ha un fatturato di circa 30 miliardi di dollari e 30 mila dipendenti). Poi ci sono la francese Cma-Cgm di Marsiglia, costituita dai fratelli Jacques e Farid Saadé nel 1978, la China Ocean Shipping Company di Pechino e la taiwanese Evergreen Marine. Tra loro si è ritagliato uno spazio di rilievo un altro gruppo italiano che fa capo alla famiglia Grimaldi, numero uno al mondo nel trasporto di automobili. Aponte e Grimaldi sono uniti da un personaggio che ha fatto storia, armatore e politico di primo piano: quell’Achille Lauro che nel dopoguerra è stato la forza motrice del partito monarchico e di una destra populista sorta con l’Uomo qualunque di Guglielmo Giannini. Per Aponte Lauro era un mito: nel 1991 ne ha comprato la flotta, ormai ridotta al fallimento. Quanto ai Grimaldi, la loro madre Amelia era la sorella del Comandante, come lo chiamavano quando uno dei primi armatori del Mediterraneo regnava su Napoli. 


Al secondo posto nel mondo, dopo i danesi della Maersk, la Msc, fondata a Napoli nel 1970, con un fatturato di 30 miliardi 


Trasporti e logistica: è qui la chiave del commercio mondiale e non ci sono dazi o tariffe che possano chiudere di nuovo la serratura. Il mare, del resto, non consente barriere e sposta sempre in avanti il suo orizzonte. La Msc di Aponte e la Grimaldi sono aziende familiari, non quotate in Borsa e di taglia davvero internazionale. La Costa, la più antica e importante, nel 1997 è stata venduta dagli eredi della famiglia all’americana Carnival per 455 miIiardi di lire. In Italia negli ultimi anni si è fatto largo Vincenzo Onorato, napoletano, velista provetto (è il presidente di Mascalzone latino) capo della Moby Lines. Nel 2011 compra la Toremar dalla regione Toscana e nel 2015 acquista la Tirrenia diventando così numero uno nei collegamenti con la Sardegna. Il mondo degli armatori italiani è ampio, complesso, diviso tra due lobby in contrasto tra loro: la Confitarma associata alla Confindustria e la Assarmatori che s’è staccata nel 2018 e aderisce alla Confcommercio. Ma i conflitti non bloccano l’espansione di uno dei settori economici più importanti. Sotto i riflettori dei media ci sono i “mostri marini” che secondo gli accusatori sconquassano la laguna di Venezia, eppure i veri colossi non imbarcano uomini che non siano membri dell’equipaggio.

 

È una giornata buia e tempestosa con secchiate d’acqua che scendono dal cielo e si congiungono in un abbraccio micidiale al mare plumbeo davanti alle coste laziali. Il porto di Civitavecchia sonnecchia in questo settembre che annuncia un autunno tra i più umidi e agitati nel bacino del Mediterraneo, ma sulla tolda della Grande Mirafiori si fa festa. La nave è stata consegnata il 12 settembre al Gruppo Grimaldi presso il cantiere Yangfan di Zhoushan sulla costa centrale della Cina. Dopo la Grande Torino, entrata in flotta nel dicembre del 2018, è la seconda di sette unità gemelle commissionate dal gruppo, lunga 199,90 metri non un centimetro di più, perché altrimenti non potrebbe attraccare in Giappone e larga 36,45 metri per poter passare senza problemi per il canale di Panama. Ha una stazza lorda di 65.255 tonnellate e una velocità di crociera di 19 nodi. Batte bandiera italiana ed è tra le più grandi del suo genere, può trasportare circa 7.600 vetture. Con i suoi quattro ponti mobili imbarca qualsiasi tipo di carico rotabile (camion, trattori, autobus, scavatrici) fino a 5,3 metri di altezza. E’ dotata di un motore a controllo elettronico che riduce le emissioni di ossido di azoto, nonché di un sistema di depurazione dei gas di scarico per l’abbattimento delle emissioni di ossido di zolfo. Approdata a Civitavecchia dopo un lungo viaggio dal mar della Cina, è pronta a salpare per il sud Italia dove riempirà la pancia di auto Fiat e Jeep, poi verso il Nord America, dal Canada al Messico; da lì farà ritorno in Europa, ad Anversa in Belgio, per scendere in Spagna e varcare di nuovo le colonne d’Ercole. 


Per il controllo dei porti si sta combattendo una battaglia senza esclusione di colpi. Msc ha preso in mano la gestione di Gioia Tauro


 

Non si ferma mai, “non si deve fermare”, dice Emanuele Grimaldi, presidente del gruppo, e borbotta tra il serio e il faceto che la cerimonia per il varo gli costa già un sacco di soldi. I marinai assistono lontani, non si perdono la madrina Cristina Chiabotto, ma sembra che non vedano l’ora di prendere il largo: sono italiani e filippini, gli ufficiali sono italiani (come il comandante) e cinesi. Cuccette e cabine spartane per tutti, lo spazio va occupato al massimo. Il nome deriva ovviamente dal grande stabilimento torinese della Fiat che ha compiuto 80 anni. Tutto è cominciato nel 1969 dal primo contratto tra i Grimaldi e gli Agnelli, per portare le auto italiane in Gran Bretagna, il rapporto è continuato negli anni, anche dopo l’arrivo della Chrysler e non si vede perché non possa proseguire con la fusione tra Fca e i francesi di Peugeot-Citroën. Nel 2000 sono arrivate le autostrade del mare, che dovevano alleviare il traffico su quelle di terra, e le Grimaldi Lines hanno fatto rotta verso Barcellona, Tunisi, Malta, Sicilia e Sardegna. Il gruppo non si è lasciato sfuggire il Baltico, dove possiede i traghetti della Finnlines, mentre lungo le coste dell’Egeo naviga con Minoan Lines. Niente crociere, “non è la nostra vocazione” sostengono i Grimaldi, che non hanno nessuna intenzione di incrociare i legni (si fa per dire) della Costa e della Msc. Secondo indiscrezioni non confermate, nel mirino vi sarebbe ancora la Finlandia, la storica compagnia di navigazione Viking Lines che da decenni si contende con la connazionale Silja Lines il ricco mercato tra Helsinki, Stoccolma e l’Estonia.

 

Le cronache del regno di Napoli raccontano che la regina Giovanna d’Angiò nel 1347 donò una reliquia in oro massiccio ai fratelli Rajinerio, Richerio e Perino de Grimaldis come garanzia per il noleggio di tre navi che la portarono in Provenza per salvarsi dall’invasione di Luigi d’Ungheria. Ma il destino degli odierni Grimaldi è legato ai Lauro. Nella seconda metà del XIX secolo Gioacchino Lauro, armatore di Sorrento, fonda un’impresa di piroscafi, una delle prime società per azioni italiana nello shipping. Achille, figlio di Gioacchino, eredita la passione del padre per il mare e il suo senso degli affari, diventando tra il 1960 e il 1970 il più importante armatore europeo. Giovanni Grimaldi, invece, avvocato e proprietario terriero, non possiede lo spirito dei suoi antenati. E’ sua moglie Amelia ad avvicinare i figli al mare, chiedendo al fratello Achille di prendere sotto la sua ala i cinque figli: Guido, Luigi, Mario, Aldo e Ugo. 


Aponte e Grimaldi sono uniti da un personaggio che ha fatto storia: l’armatore Achille Lauro, che fu anche politico di primo piano


 

Gli esordi sono modesti con una una nave Liberty (vascello da carico utilizzato dalla flotta americana durante la Seconda guerra mondiale) acquistata nel 1947 e riadattata per trasportare gli emigranti italiani verso il Sudamerica. Nei primi anni 60 al culmine del miracolo economico, i Grimaldi cominciano a puntare sul trasporto merci. Finché non arriva la Fiat. A metà degli anni 90 i fratelli dividono la società in due: la Grimaldi Genova a Mario e Aldo, che puntano sui traghetti veloci; la Grimaldi Napoli a Guido, coadiuvato dai figli Gianluca ed Emanuele, e dal genero Diego Pacella. In pochi anni la flotta passa da 36 a 100 navi e i terminali salgono a 16 mentre vengono acquisite anche aziende di trasporto via terra. Ma il perno di tutto ruota più che mai attorno agli scali marittimi.

 

Per il controllo dei porti si sta combattendo una battaglia senza esclusione di colpi. Msc ha preso in mano la gestione di Gioia Tauro, il più grande terminal italiano. Ora il gruppo ha un presidio sul Tirreno molto forte: oltre allo scalo calabrese, gestisce, in società con imprenditori locali, diverse banchine da Napoli a Livorno a La Spezia e a Genova con Calata Bettolo. Pechino, che sembrava mirasse prevalentemente a Trieste e all’Adriatico, ha firmato un’intesa con Genova e intende rafforzare la propria presenza a Vado Ligure con la gestione della piattaforma container. “La Cina non ci fa paura – proclama il comandante Gianluigi Aponte – E’ lei ad aver bisogno di noi”. Tuttavia l’Italia deve colmare molti ritardi. Né Genova né Trieste sono in grado di rivaleggiare con Anversa e Rotterdam non solo per la loro struttura, ma anche per la carenza dei collegamenti ferroviari e stradali con il nord Europa. E sarà così finché prevarrà il pregiudizio ideologico contro le grandi infrastrutture. Quanto a Gioia Tauro le sue potenzialità dipendono dalle sorti della mitica autostrada Salerno-Reggio Calabria. Aponte tuttavia sparge ottimismo grazie alla potenza di fuoco del suo gruppo che ha una storia e un profilo tutt’altro che usuali. 


Consegnata da poco al Gruppo Grimaldi la Grande Mirafiori: può trasportare 7.600 auto. Nel ’69 il primo contratto con gli Agnelli 


“Le terre emerse coprono due terzi del pianeta, noi copriamo il resto” è uno slogan pubblicitario della Msc, il preferito di Gianluigi Aponte nato a Sant’Agnello sulla costiera sorrentina nel 1940, cittadino svizzero dopo il matrimonio con Rafaela, figlia di un banchiere ginevrino, conosciuta su una nave dove si era imbarcato dopo il diploma all’Istituto nautico. Sulle sponde del lago Lemano il giovane marinaio con una laurea in Economia, tenta una carriera da finanziere, ma non fa per lui: al richiamo del mare non si può resistere. Con l’aiuto di un amico compra una nave che fa rotta tra Italia e Somalia. In pochi anni i vascelli diventano tre e la Aponte Shipping Company batte bandiera liberiana. Nel 1973 la First National Bank di Chicago finanzia l’acquisto di una quarta nave. Ormai il modello di business è chiaro: prendere vecchie imbarcazioni a basso prezzo, rimetterle in sesto e riempirle di container. Finché nel 1987 non arriva la messa in vendita della flotta Lauro. Oggi Aponte dice che si poteva salvare, dopo il fallimento del Comandante spogliato di tutto, anche del suo frac. Ma è lui ad aggiudicarsela, un acquisto che ha un valore simbolico e non solo, perché gli apre una nuova rotta, quella delle crociere. Ordina ai cantieri francesi di Saint-Nazaire (quelli acquistati dalla Fincantieri) due grandi navi nuove di zecca da 1.500 passeggeri, al prezzo di 280 milioni l’una. Nel 2003 al porto di Napoli Sofia Loren battezza la Lirica e da allora sarà la madrina immancabile. “Siamo una vera azienda italiana, con un vero stile italiano” dichiara Aponte, il quale apre i nuovi uffici a Piano di Sorrento, ma non ha nessuna intenzione di lasciare Ginevra, città cosmopolita dove può intrecciare relazioni ad ampio spettro e proteggere la propria privacy. Come nella tradizione degli armatori, la Msc è tutta in famiglia: i container al figlio Diego che ha studiato a Londra, alla figlia Alexa le crociere insieme al marito Pierfrancesco Vago, milanese con una azienda nel settore dei trasporti, diventato il manager esecutivo dell’intero gruppo oggi presieduto da Diego, ma sorvegliato attentamente da Gianluigi, che a Napoli tutti continuano a chiamare Gigi.

 

Il grande gioco internazionale s’incrocia con una partita più piccola, ma turbolenta per il trasporto passeggeri nel Tirreno che vede in campo Aponte, Grimaldi e Onorato, soci nel 2011 per gestire la Tirrenia da poco privatizzata, e poi divisi per evitare l’accusa di violare la concorrenza. La Mcs possiede la Snav, la Gnv (Grandi Navi Veloci) che apparteneva ai Grimaldi di Genova e la Caremar, controllando così buona parte del traffico nel Golfo di Napoli e verso la Sicilia. Onorato tra Moby e Tirrenia gestisce il 40 per cento dei viaggi per la Sardegna. La Grimaldi Lines punta su Genova e Barcellona dove, però, incrocia anche la Gnv. La tenzone per il controllo del cabotaggio ha una posta in palio: gli aiuti di stato alla Tirrenia (72 milioni di euro l’anno) che già hanno contribuito ad affondare la Traghetti del Mediterraneo (una sentenza della Corte di giustizia europea condanna lo stato italiano a risarcirla). Nel marzo scorso l’Antitrust italiano ha condannato la convenzione tra lo stato e la compagnia bocciando la richiesta di proroga. Onorato minaccia di rimettere in discussione la fusione tra Moby e Tirrenia, con pesanti conseguenze sull’occupazione. Inoltre attacca Grimaldi per l’utilizzo di marinai stranieri mentre lui si fa campione dell’italianità.

 

Baruffe che acquistano un rilievo meno locale se si pensa che sono tasselli del puzzle globale nel quale gli armatori italiani hanno una posizione di assoluto rilievo. Bellissima, Magnifica, Grandiosa, si chiamano così le ultime navi della Msc Crociere. La gente di mare non risparmia i superlativi. Fieri di quel che hanno fatto, gli Aponte, i Grimaldi e i loro concorrenti, sono ancor più orgogliosi di quel che faranno. Gli italiani lo sanno? E il governo? Autostrade del mare e autostrade di terra, logistica e infrastrutture, navi e treni veloci, gasdotti ed energie rinnovabili, il nuovo mondo di Marco Polo e la via della seta: benvenuti nel prossimo decennio.

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