Il presidente della Fed, Jerome Powell (foto LaPresse)

La Fed e la politica del taglio "preventivo" dei tassi

Mariarosaria Marchesano

ll comitato di politica monetaria si riunisce oggi a Washington. I mercati si aspettano che la banca centrale americana riduca ancora il costo del denaro per i timori di un rallentamento dell'economia

Milano. C'è molta cautela oggi sulle Borse europee in attesa che cominci a Washington la riunione del Fomc, il comitato di politica monetaria della Federal Reserve che domani annuncerà la decisione sui tassi d'interesse. Il mercato si attende un taglio di un quarto di punto percentuale - sarebbe la terza riduzione dell'anno - che porterà i tassi americani tra l'1,50 per cento e l'1,75 per cento. Una prospettiva che ha contribuito a galvanizzare Wall Street nell'ultima seduta (l'indice S&P ha segnato un nuovo record a 3047 punti) già messa di buon umore dalle notizie arrivate nel weekend sui progressi dei negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina.

 

Le previsioni dicono che Jerome Powell lascerà aperta la porta a un'ulteriore sforbiciata del costo del denaro, ma non si sbilancerà molto sulle prossime mosse. Un atteggiamento di prudenza da parte del presidente della Fed visto che l'economia americana sta andando bene, anche se potrebbe risentire del rallentamento globale generato, tra l'altro, proprio dai timori della guerra commerciale. Non è un caso che all'interno del Fomc si sia aperta una dialettica sull'opportunità di adottare una politica accomodante in un contesto macroeconomico ancora positivo per gli Usa. 

 

Gli analisti di Ubs si aspettano che alla decisione di apportare un nuovo taglio ai tassi possano opporsi gli stessi componenti del Fomc che hanno espresso il loro dissenso nell'ultima riunione di settembre e cioè Esther George ed Eric Rosengren, rispettivamente a capo delle Fed regionali di Kansas e Boston. E per questo Powell tenderà a non fornire indicazioni per il futuro confermando, quindi, la tendenza ad affrontare la questione “un incontro alla volta”, come precisato di recente dal vicepresidente della Fed, Richard Clarida

 

L'agenzia Reuters ricorda le analogie tra la situazione attuale e quella del 1995, quando all'interno della Fed si aprì un dibattito sui possibili effetti negativi di una crescita più lenta del previsto che avrebbe impattato sugli investimenti delle imprese, sui piani di assunzione e sulla spesa delle famiglie. Oggi il timore è che l'indebolimento della crescita in Europa e in Cina possa, in prospettiva, agire da freno sull'economia statunitense, mentre nel '95 il timore era che il rallentamento potesse arrivare dal Giappone e dal Canada. Fu così che l'allora presidente della Fed, Alan Greenspan, si decise a una serie "preventiva" di tagli dei tassi, nel 1995 e 1998, per sostenere la zoppicante espansione economica degli Stati Uniti.