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Nuova grana per Di Maio: Whirlpool non rispetta gli accordi e lascia Napoli

Mariarosaria Marchesano

La multinazionale americana prepara la cessione a terzi dello stabilimento che occupa 450 lavoratori. Per i sindacati è un modo per mascherare la chiusura. Il 4 giugno tavolo al Mise 

Milano. Proprio a Napoli, nella sua città e in uno dei bacini elettorali più importanti del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio incassa, da ministro dello Sviluppo economico, lo “schiaffo” del gruppo americano Whirlpool, che ha annunciato la decisione di riconvertire, attraverso una cessione, lo stabilimento produttivo di Via Argine, nella periferia est della città, mettendo a rischio 450 posti di lavoro. Neanche otto mesi fa Di Maio incontrava al Mise i vertici di Whirlpool ottenendo, sulla carta, rassicurazioni sul piano industriale da 250 milioni di euro e la garanzia sui livelli occupazionali e produttivi in Italia, accordo sbandierato come esempio di un cambio di passo nei rapporti di forza tra governo e multinazionali straniere. L'intesa prevedeva non solo che non ci fossero esuberi di lavoratori fino al completamento del piano industriale nel 2021, con consistenti investimenti nei tre anni successivi nei vari siti industriali del paese, ma anche il rientro in Italia della produzione di lavatrici e lavasciuga da incasso attualmente localizzata in Polonia.

      

Ma da allora qualcosa deve essere cambiato. A sorpresa, l'azienda ha riferito durante un tavolo sindacale che per la fabbrica napoletana è prevista una riconversione legata alla vendita a un soggetto terzo. Allo stesso tempo però ha ribadito la strategicità della sua presenza in Italia dal punto di vista industriale e commerciale, e confermato le direttrici del piano presentato a ottobre, compresi gli investimenti da realizzare tra il 2019 e il 2021 nell'attività di produzione e nella ricerca per l'innovazione dei prodotti. Come per dire, va tutto bene in Italia tranne che a Napoli. Un doppio smacco, quindi, per il ministro Di Maio, appena uscito indebolito dal risultato delle elezioni europee.

      

Ma ecco che cosa dice esattamente Whirlpool nel comunicato pubblicato sul sito della società, quotata a Wall Street: “Per quanto riguarda lo stabilimento di Napoli, Whirlpool Emea intende procedere alla riconversione del sito e vendere l'attività a terzi in grado di garantire continuità industriale e massimi livelli di occupazione, al fine di creare le condizioni per un futuro sostenibile per Napoli. Nei prossimi giorni, Whirlpool collaborerà con i sindacati, le istituzioni nazionali e locali per definire tutti i dettagli e le tempistiche del progetto di conversione, che sarà annunciato al più presto”.

       

Insomma, la multinazionale non parla da nessuna parte di chiusura dello stabilimento ma di cessione, e nel dichiararlo prende anche un impegno con i suoi investitori, visto che è una società quotata. I sindacati hanno comunque reagito con allarme, ritenendo “inaccettabile” la vendita di Napoli. A preoccuparli ulteriormente, la convinzione che si tratti di una soluzione paventata per mascherare una prossima chiusura, dolorosa ancora di più in una città con un forte tasso di disoccupazione. Secondo il sindacato "è necessaria una presa di posizione del governo, che è co-attore nell'accordo quadro che oggi viene messo in discussione dall'azienda”. Tutti gli stabilimenti del gruppo, intanto, si sono fermati bloccando la produzione.

          

Al tavolo convocato presso il Mise il 4 giugno, si vedrà se il capo del dicastero avrà la forza di chiedere a Whirlpool il rispetto degli accordi dello scorso ottobre e, addirittura, come auspica una parte del sindacato, di rilanciare Napoli concentrando proprio nello stabilimento di via Argine la produzione delle lavatrici di alta gamma. La multinazionale Usa non è nuova a questo tipo di dialettica con il governo italiano. A inizio 2018 fu l'ex ministro Carlo Calenda a misurarsi con l'improvvisa decisione della Embraco – controllata da Whirlpool - di chiudere la fabbrica di Torino per spostare la produzione in Slovacchia mandando a casa 497 lavoratori senza cassa integrazione. L'intervento di Calenda (che definì “gentaglia” i vertici di Whirlpool) riuscì a sospendere il licenziamento. 

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