Giovanni Tria (foto LaPresse)

L'idea di Tria di spingere la Bce a finanziare il debito è pericolosa

Veronica De Romanis

Dice di aver parlato da accademico, ma l’acquisto dei titoli di stato di un singolo paese piace solo alla Lega in tutta Europa

E’ il momento di affrontare il tabù della monetizzazione del debito” ha dichiarato il ministro dell’Economia Giovanni Tria a un convegno organizzato dalla Luiss di Roma il 20 maggio. Bisogna “recuperare a pieno gli strumenti di politica macroeconomica” ha spiegato “anche per assicurare il coordinamento non risolto tra politica monetaria e di bilancio”. Con queste affermazioni, il capo del dicastero di Via XX Settembre sembra suggerire che la Banca centrale europea (Bce) dovrebbe finanziare le politiche fiscali degli stati. “Non dobbiamo dimenticare – ha concluso – che esiste un secondo modo di finanziare un deficit ed è il finanziamento in moneta”. Tria ha successivamente corretto il tiro specificando che il suo intervento deve essere inquadrato all’interno di un “dibattito accademico”. E’ vero, l’intervento si è svolto in un’università. Tuttavia, quando si ricopre la carica di ministro dell’Economia volere mantenere il doppio cappello di accademico e politico è piuttosto pericoloso, seppur legittimo: il rischio che la proposta illustrata venga presa sul serio è concreto. Peraltro, la proposta non è affatto nuova.

 

Gli economisti della Lega sostengono da tempo che i poteri dell’Istituto guidato da Mario Draghi andrebbero rafforzati per consolidare il legame tra la politica monetaria – decisa a Francoforte – e le politiche di bilancio – decise dai governi nazionali. Una simile riforma, però, non sarebbe semplice da attuare perché dovrebbe essere votata all’unanimità. Lo stesso Tria l’ha definita una “revisione non prevedibile” dello Statuto. Eppure, a suo avviso, sembrerebbe necessario cominciare a discuterne: non deve essere un “tabù” ha detto. Le parole del ministro, sempre molto ponderate, lasciano intravedere la possibilità che la monetizzazione del debito possa, in un futuro non troppo lontano, diventare parte dell’agenda europea del governo gialloverde.

 


A parlare della monetizzazione del debito sono rimasti solo gli economisti sovranisti leghisti. Il prudente Tria poteva moderarli, invece sta accadendo il contrario. Ecco perché una dissertazione sulla modifica radicale delle funzioni della Bce ha serie controindicazioni, la prima è quella di isolare l’Italia


 

Se questa è la prospettiva, cerchiamo di capire come funziona, quali potrebbero essere i vantaggi per l’Italia e, infine, quale potrebbe essere la posizione degli altri paesi europei.

 

Primo, il funzionamento. La monetizzazione del debito implica che la Bce possa stampare moneta per finanziare la politica economica di un determinato stato. In questo modo, il problema dello spread verrebbe meno perché i titoli di debito pubblico sarebbero acquistati direttamente dall’Istituto di Francoforte. Attualmente, questo tipo di intervento è vietato dallo Statuto. La Bce può comprare debito, ma lo può fare nel quadro del Quantitative easing, un programma che coinvolge tutti, non una singola economia che chiede finanziamenti per misure specifiche. Per questo, Tria suggerisce di “recuperare strumenti di politica macroeconomica”, che possano, per esempio, effettuare interventi di tipo selettivo. In realtà, durante questi anni di crisi è stato introdotto uno strumento capace di effettuare proprio quello che in mente il ministro, ossia l’acquisto da parte della Bce di titoli del debito pubblico di un solo stato. Si tratta dell’Outright monetary transactions (Omt). Con l’attivazione dell’Omt, che deve essere richiesta dal paese che si trovasse in una situazione di grave crisi con lo spread fuori controllo, la Bce interviene acquistando debito in maniera illimitata. L’Omt consente, quindi, di ottenere esattamente ciò che auspicano i sostenitori della monetizzazione del debito: Bce che compra titoli e spread che cala. La differenza risiede nel fatto che con l’Omt, il destinatario dell’aiuto deve rimettere i conti in ordine – deve, infatti, aderire a un programma di riforme strutturali e consolidamento fiscale –, mentre con la monetizzazione del debito i conti vengono rimessi in ordine dalla Bce: certamente un bel beneficio per un paese come il nostro che ha un debito pubblico in rapporto al pil inferiore solamente a quello della Grecia.

 

E qui veniamo al secondo punto: i vantaggi. Con la monetizzazione del debito, il reddito di cittadinanza e quota 100, per esempio, potrebbero essere finanziati attraverso l’emissione di nuova moneta e non attraverso maggiore debito o maggiori tasse come stabilito nella legge di Bilancio 2019. Inoltre, il governo potrebbe aumentare in modo significativo la quota di spesa destinata agli investimenti (meno di 9 su oltre 50 miliardi per il triennio 2019-2021). Del resto, i margini sono davvero ristretti. E’ lo stesso Tria a precisarlo: “Siamo oggi tra i pochi paesi europei a non avere le condizioni macroeconomiche secondo le quali il ricorso al deficit, cioè all’indebitamento, non contrasterebbe di per sé con l’obiettivo di riduzione del rapporto debito/pil”. Eppure “l’indebitamento – ha spiegato il ministro – soprattutto per investimenti pubblici aggiuntivi sarebbe desiderabile”.

 

Questa posizione sembra suggerire che la leva del debito sia l’unico modo per finanziare gli investimenti. Con oltre 800 miliardi di spesa pubblica, davvero non è chiaro perché venga escluso il ricorso a una seria azione di tagli lì dove la spesa è inefficiente, improduttiva o al servizio di privilegi (di pochi) consolidati negli anni. Peraltro, ora che Tria si è ripreso la competenza in materia di revisione della spesa (revocando la nomina a commissari ai viceministri Massimo Garavaglia e Laura Castelli) non sarebbe meglio provare a trovare le risorse necessarie invece che finanziare a debito gli investimenti?

 

Terzo e ultimo punto: la reazione degli altri azionisti della Bce. La monetizzazione del debito è vietata dallo Statuto essenzialmente per due motivi. In primo luogo, produce inflazione, una tassa occulta che colpisce in maniera maggiore i più deboli – come i pensionati e le famiglie. In secondo luogo, incentiva l’azzardo morale. Se un governo ha la certezza che, prima o poi, la Bce interverrà per acquistare il proprio debito pubblico, vengono meno gli incentivi a tenere i conti in ordine. La recente crisi ha dimostrato che quando un Stato mantiene finanze non in ordine, il conto - piuttosto salato – viene pagato da tutti sia in termini di contagio – come avvenuto dopo lo scoppio della crisi greca in Portogallo, in Irlanda, in Spagna ma anche in Italia nell’autunno del 2011–, sia in termini di soccorso: l’Italia ha finanziato il salvataggio dei paesi in difficoltà con oltre 60 miliardi di euro che impattano sul debito pubblico. Pertanto, nessuna – ma proprio nessuna –, delle economie dell’area dell’euro ha avanzato finora, o semplicemente caldeggiato, la proposta di rivedere lo Statuto nella direzione presentata da Tria.

 

A parlare della monetizzazione del debito sono rimasti solo gli economisti sovranisti della Lega. Ci eravamo illusi che il prudente ministro Tria li moderasse. Sta accadendo il contrario.