Esplosioni, congiure e promesse inguaiano la guida autonoma di Tesla

È dura per Musk liberarci dalla “schiavitù” del volante

Ugo Bertone

Milano. L’ultimo agguato risale a domenica. Su Weibo, il più popolare social media cinese, è stato diffuso un video, cliccato a metà giornata da 22 milioni di utenti, che mostra l’esplosione di una Tesla Model S parcheggiata in un garage. Pessimo biglietto da visita per l’Autonomy Investor Day, cioè la sfilata di ieri pomeriggio su YouTube degli ultimi progressi in materia di guida autonoma. Ma ci vuole altro per mettere a tacere la leggendaria autostima di Elon Musk – “le auto a benzina rischiano fino a dieci volte di più”, è stata la replica – per l’occasione pronto a sfornare l’ultima meraviglia a uso dei mercati: la flotta di robot taxi che, secondo le sue promesse, presto rivoluzionerà il modo di muoversi in città. 

  

  

Ma resta un dubbio: chi ha segnalato con tanta solerzia ai social i problemi di Tesla? Il tycoon ostenta sicurezza: “Sarei molto stupito – dice – se non fossimo in grado di produrre presto sistemi più sicuri della guida umana: la nostra tecnologia progredisce a vista d’occhio”. Ma buona parte degli esperti la vede in maniera diversa, un po’ perché Musk, in perenne conflitto con la Sec e buona parte degli operatori, non è nuovo a sparate tanto suggestive quanto azzardate. Inoltre, secondo un report di Navigant Research, Tesla figura al posto numero 19 (su 20) in materia di affidabilità del sistema di navigazione.

 

  

Per giunta, a peggiorare l’umore dell’inventore-investitore hanno contribuito alcuni inconvenienti alla navicella spaziale del tycoon, domenica durante i test a Cape Canaveral. Senza dimenticare – cosa ben più grave – il sospetto di sabotaggio già sollevato in occasioni di un recente incidente: grazie all’attivazione di un sistema di telecamere che, quando l’auto è ferma, riprende quel che avviene tutt’intorno, è stato rilevato che un pirata avrebbe volutamente attivato il  sistema anticollisione del Model 3 arrivando a un passo dallo scontro. “Perché vogliono il nostro fallimento?”, ha twittato Musk, una volta preso atto che nel giro di poche ore era stata raccolta sul web la cifra necessaria per fare fronte alla cauzione dei sabotatori.

  

  

La necessità di stringere le maglie della sicurezza è una delle ragioni che ha spinto Musk a effettuare una profonda revisione della squadra di comando. Venerdì scorso sono stati costretti a dare le dimissioni dal vertice diversi manager che hanno accompagnato l’ascesa di Tesla fin dai primi anni duemila. Al loro posto sale l’influenza di consiglieri indipendenti come Robyn Denholm, che riscuote la fiducia degli investitori istituzionali, che rappresentano circa i due terzi delle azioni. Il board, oggi composto da undici membri, scenderà a sette nel giro di due anni con una prevalenza di consiglieri indipendenti. Musk, insomma, resta a rappresentare il mito dell’auto elettrica e a guida autonoma: vorrebbe liberare gli automobilisti dalla “schiavitù della guida” – ammesso che sia schiavitù e non una libertà –, ma per ora è lui schiavo dei sabotaggi altrui e delle sue promesse. Le leve finanziarie, poi, passano in altre mani.

  

I nemici – non solo quelli di Wall Street, da sempre più che sospettosa verso i metodi di Musk – riusciranno a superare la diffidenza verso l’inventore? Secondo gli analisti, che ieri hanno abbassato le stime di produzione del gruppo, le prospettive restano positive purché, a giudizio di David Ives di Wedbush, Tesla “la smetta di comportarsi come un elefante in cristalleria”. Ci vogliono, insomma, più tecnici delle quattro ruote, non soltanto esperti digitali, per fare girare le auto del futuro. Le cause delle difficoltà di Musk possono essere più d’una. Il tycoon è senz’altro nel mirino dei venditori allo scoperto (tra cui il sabotatore seriale) decisi ad approfittare dell’eventuale scoppio della bolla. Non è un caso isolato nella sfida senza esclusioni di colpi sul mercato. Basti citare le accuse a Morgan Stanley per avere sostenuto un’azione di vendita allo scoperto su Lyft per agevolare il collocamento di Uber. Ma è anche vittima di attacchi di stampo luddista, a opera dei lavoratori (taxisti ma non solo), ormai ridotti a consegnare pizze per pochi spiccioli. Pare anche a Shanghai.

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