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L'inutile regalo di quota 100, sfascia i conti e non risolve i problemi

Marco Leonardi

Non abolisce la legge Fornero, è a tempo e danneggia i giovani che saranno costretti ad andare in pensione più tardi

C’è una differenza sostanziale tra la quota 100 di Salvini e il reddito di cittadinanza di Di Maio: per quanto quota 100 sia un provvedimento assai ingiusto (molto più ingiusto del reddito di cittadinanza che in principio redistribuisce a favore dei poveri) sarà sicuramente molto popolare. I criteri di accesso a quota 100 sono chiari, chi ha diritto andrà in pensione di corsa e chi non ne ha diritto non avrà molto da recriminare (per ora), anzi sarà contento per chi ci può andare senza rendersi conto che tra qualche anno a lui sbatteranno la porta in faccia. Per il reddito di cittadinanza vale il contrario: molti più saranno quelli che crederanno di aver diritto al nuovo sussidio (anche perché il governo in maniera strumentale così ha fatto credere) e molti saranno quelli che rimarranno scontenti dopo l’applicazione di una lunga gimcana di condizioni di accesso. Il reddito di cittadinanza è molto più a rischio di fallimento di quota 100, forse è anche per questo che vogliono forzare le norme per il rinnovo della governance dell’Inps, hanno bisogno di piazzare qualcuno di molto fidato.

 

Detto questo la relazione tecnica sulle pensioni mette in evidenza alcune ingiustizie fondamentali di quota 100.

 

1) Il provvedimento ha un evidente sapore elettorale: favorisce solo chi matura i requisiti nei prossimi tre anni, non abroga la Legge Fornero, che resta pienamente in vigore nell’ordinamento, ma introduce piuttosto un nuovo sistema di deroghe e finestre temporanee di uscita anticipata. Nel 2022 avremo quelli scontenti del fatto che per loro la deroga è finita: come quelli che oggi giustamente si lamentano di chi in passato è andato in pensione con 19 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi.

 

2) Il provvedimento è riservato in larga parte a un segmento limitato e arbitrariamente individuato di lavoratori: quelli nati entro il 1959 con carriere contributive regolari (molto spesso nel settore pubblico). Restano esclusi i lavoratori giovani e le donne, con carriere tipicamente più discontinue e irregolari.

 

3) In particolare saranno i giovani a pagare, la relazione praticamente indica un raddoppio del flusso “naturale di pensionamento” nei prossimi 3 anni con un milione in più di pensioni. Istat allo stesso tempo prevede una riduzione della fascia in età di lavoro del 19 per cento (al netto degli immigrati) da qui al 2031. il debito implicito è calcolato in 48 miliardi, sembra ovvio che in futuro o si sposterà molto in avanti l’età pensionabile o si aumenteranno molto i contributi.

 

4) Anche all’interno delle generazioni che possono accedere a quota 100 il beneficio delle pensioni anticipate è distribuito in modo diseguale: a guadagnarci sono sempre gli stessi. Chi va in pensione con sistema retributivo (cioè aveva 18 anni di contributi nel 1995) non perde nulla dall’anticipare la pensione, chi non è retributivo ci perde molto di più e gli conviene aspettare i requisiti Fornero (a meno che non pensi di lavorare in nero).

 

5) Dopo appena pochi giorni dall’entrata in vigore del decreto sono già arrivate oltre 27 mila domande, a fronte delle 290 mila maggiori uscite anticipate stimate dal governo per tutto il 2019, se questo è il trend le stime andranno presto riviste. A pagare il conto saranno come sempre i poveri cristi, per esempio con i 2 miliardi di fondi su cui c’è l’ipoteca dell’Ue: se si avvera la necessità di tagli lineari compensativi la legge dice che si dovrà partire dai capitoli di spesa del ministero del Lavoro sui quali sono finanziati gli interventi sociali e assistenziali. In generale comunque tutta l’operazione è finanziata con l’aumento dell’Iva nel 2020, e l’Iva è una tassa notoriamente regressiva.

 

6) Pare che la maggior parte delle prime domande siano di disoccupati (pare ovvio, sono i più urgenti) per i quali però c’è già la possibilità di prendere Ape sociale. Se è così c’era bisogno di sfasciare i conti pubblici per fare quota 100 per tutti? E poi dove sarà la staffetta generazionale con l’assunzione di giovani se i pensionandi sono disoccupati?

 

7) la pensione di cittadinanza non esiste, è solo l’applicazione delle norme del reddito di cittadinanza ai pensionati.

 

8) fanno anche delle cose buone come bloccare adeguamento speranza di vita del requisito contributivo a 42 anni e 10 mesi e rinnovare opzione donna, tuttavia hanno un vizio molto grave: distolgono tutte le risorse (anche quelle per il lavoro) a favore delle pensioni: per esempio permettono di usare i fondi dei premi di produttività per gli anticipi pensionistici.

 

Alla fine di questo regalo elettorale, se durerà davvero i tre anni promessi visto l’andamento dei conti pubblici e della crescita del paese, tutti i problemi strutturali saranno rimasti intatti. Bisognerà riprendere i discorso dai lavoratori gravosi e dalla flessibilità in uscita strutturale. Se si abbandona l’idea di favorire chi ha carriere regolari si può concentrare la spesa su chi è in difficoltà o sulla flessibilità di uscita a pagamento. In fin dei conti migliorando l’Ape sociale (rendendolo più ampio e strutturale) e l’Ape volontario (facendone una pensione anticipata strutturale ma con ricalcolo contributivo) si può fare molto senza sfasciare i conti pubblici. Basti pensare che nel 2017 nel settore privato quasi 1 lavoratore su 4 è uscito senza possedere i requisiti di pensionamento della Legge Fornero (circa 71 mila persone su 295 mila uscite in totale) sfruttando i diversi “scivoli” normativi introdotti nella scorsa legislatura anche all’esito del dialogo instaurato dal governo con i sindacati.