Marianna Madia (foto LaPresse)

Madia ci dice perché il Pd non può sputare sul reddito di cittadinanza

David Allegranti

“Il decreto fa schifo ma il principio è giusto ed è una carta per le europee”. E su chi nel Pd ironizza: “Non è una ‘vita in vacanza’”

Roma. A Marianna Madia, deputata del Pd, non piace chi, nel Pd, ironizza sul reddito di cittadinanza. “Il decreto del governo fa schifo - dice con schiettezza al Foglio - ma il principio è giusto. Ci sono persone che non arrivano alla fine del mese e vanno aiutate”. Già nel 2013, peraltro, Madia aveva elaborato sul tema una proposta di legge dal titolo: “Istituzione di un reddito di solidarietà attiva e misure contro la povertà”. Poi è arrivato, seppur in maniera tardiva secondo lei, il Rei, reddito di inclusione, una misura “giusta” che andava però fatta subito dopo il decreto sugli ottanta euro di Renzi. “Questo governo voleva abolire la povertà e ha contro l’Alleanza contro la povertà”, promossa tra gli altri da Caritas e Comunità di Sant’Egidio, “voleva aumentare, con Salvini, la sicurezza nelle città e invece ha fatto un decreto che lascia le persone per strada. Diceva di voler ringiovanire la pubblica amministrazione ma con Quota 100 fa uscire prima le persone dal mondo del lavoro e contestualmente blocca le assunzioni nella Pa, di fatto quindi svuotandola. Questi paradossi ci dicono che il governo Conte è il peggiore della storia, secondo i dati ormai ufficiali siamo in recessione. Il paese non cresce e se non c’è la crescita manca la condizione necessaria ma non sufficiente a far sviluppare l’Italia”.

 

Insomma, Madia si chiede: “Qual è l’idea di sviluppo del governo Lega-Cinque stelle? Non c’è, semplicemente. Nella legge di bilancio manca uno shock fiscale. Forse siamo governati da keynesiani che vogliono puntare sugli investimenti? No, non ci sono nemmeno quelli. Anzi, diminuiscono pure gli investimenti programmati dal precedente governo”.

 

Secondo Madia, crescita e sostegno ai ceti poveri dovrebbero andare di pari passo. Invece l’esecutivo non se preoccupa seriamente. “Dopo il 2008, tra crisi, effetti della globalizzazione e accelerazione della tecnologia, si sono determinati dei problemi per i lavoratori in interi settori produttivi. Oggi è dunque importante che ci sia la crescita e uno strumento che sostenga tutti coloro che non arrivano alla fine del mese”. I Cinque stelle, obiettiamo, direbbero che uno strumento c’è, ed è il reddito di cittadinanza. “Penso che il principio sia giusto e rivendico la mia coerenza perché prima dei Cinque stelle, nel 2013, proposi di introdurre il reddito minimo. Fui aggredita da Cacciari, ricordo. Ho sempre pensato che dopo gli Ottanta euro di Renzi avremmo dovuto fare subito il Rei, invece abbiamo aspettato. Ma le riforme hanno bisogno di tempo per ottenere dei risultati, se lo avessimo fatto subito avremmo guadagnato tempo e i risultati si sarebbero visti. Detto questo, l’impianto del decreto di questo governo è sbagliato. Se chi combatte la povertà come l’Alleanza contro la povertà ti dice che stai commettendo degli errori, una domanda te la devi pur fare”. Hanno cambiato l’impianto del Rei e adesso saranno i “navigator, dei precari assunti senza concorso dall’Anpal, formati a loro volta da precari”. Insomma un circolo vizioso. “Non dico che il Rei non si potesse migliorare, così però hanno cancellato uno strumento che funzionava per far assumere seimila amici di Di Maio”.

 

Peraltro il decreto non fa alcuna distinzione, dice Madia: “Le persone che vivono in una condizione di povertà non sono tutte nella stessa situazione. Ci sono persone povere che non possono lavorare, ci sono inabili al lavoro, ci sono persone povere perché disoccupate, ci sono lavoratori poveri che malgrado lavorino non riescono ad arrivare dignitosamente alla fine del mese. Se hai uno strumento evoluto puoi agire in tutte queste situazioni, che derivano dai grandi cambiamenti di questi anni”. Nel Pd però c’è chi ironizza sulla “vita in vacanza” (citofonare Maria Elena Boschi). “Ecco, io non penso che introdurre una misura pubblica per il reddito significhi sostenere chi non vuole lavorare, così come non penso che sia un aiuto ai pigri. Non è ‘una vita in vacanza’. Il reddito è una politica necessaria, visti i cambiamenti economico-sociali che ci sono stati in questi anni, e deve andare di pari passo con la crescita. Il governo però decide di sprecare risorse per attuare un principio giusto e penso che sia un peccato mortale”. Dunque, osserva Madia, “si può condividere un principio ma non la sua applicazione. Enrico Giovannini dice sempre che bisogna distinguere le varie condizioni di povertà, per capire di che cosa abbia bisogno una persona”. Magari qualcuno ha necessità di un trasferimento monetario, un altro di una rete di protezione sociale, un altro ancora di migliorare la sua condizione educativa. Il Pd dunque eviti ironie, dice Madia, e faccia sua una “proposta di reddito di inclusione di dimensione europea: dovrebbe essere il cuore della campagna del Pd alle Europee e, perché no, del Pse contro i populismi”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.