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La coda lunga del Bazooka di Draghi

Redazione

Finisce il Qe, ma non gli stimoli. Per l’Italia saranno comunque dolori

Mentre la Banca centrale europea conferma di terminare da gennaio, a quattro anni dall’avvio, il programma di acquisto di obbligazioni da 2.600 miliardi di euro, il Quantitative easing, il presidente Mario Draghi ha controbilanciato l’annuncio con toni da colomba dicendo che la politica monetaria resterà accomodante perché la crescita è “più debole delle attese” e tutti gli strumenti restano a disposizione.

 

Il primo strumento è continuare a reinvestire la liquidità delle obbligazioni in scadenza “fino a quando sarà necessario” anche dopo il primo rialzo dei tassi (possibile ma non scontato nell’estate 2019) quindi senza limite di tempo definiti. La Bce tiene tutte le opzioni per contrastare un declino della crescita economica: le previsioni per l’Eurozona sono peggiorate per il 2018 (dal 2 all’1,9 per cento) e il 2019 (dall’1,9 all’1,7).

 

Nella scatola degli attrezzi della Bce c’è un nuovo round di finanziamenti alle banche e lo stesso Quantitative easing, “motore di crescita dell’Eurozona”, ha detto Draghi nell’ultima conferenza stampa dell’anno, potrà essere riusato. Con l’umore degli investitori cangiante per i rischi di rallentamento il mantra di Draghi è “continua fiducia” con “crescente attenzione”. La fine del Qe coincide dunque con il reinvestimento nei titoli in scadenza secondo le proporzioni stabilite dalla regola del “capital key” rivista a novembre per cui la Bce ridurrà la quantità di titoli in possesso di Italia (meno 26 miliardi), Spagna (meno 21) e Francia (meno 11). A prescindere dalla Bce, per l’Italia non mancheranno tensioni sull’obbligazionario sovrano. Nel 2019 va rifinanziato il debito in scadenza per circa 400 miliardi e sono necessarie nuove emissioni per circa 55-57 miliardi in cerca di compratori. Con un governo credibile non sarebbe problematico. Ma dopo il fiasco del Btp Italia, tra risparmiatori e investitori istituzionali, la musica è peggiorata. Da gennaio si sentirà. Ma questo non impedisce al presidente della Commissione finanze del Senato, Alberto Bagnai, del M5s di tenere il 21 gennaio la conferenza intitolata “Monetary integration vs. real disintegration” all’Imperial College Business School di Londra e ricordare alla City che l’uscita dall’euro è ancora una minaccia.

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