Ragioni per lasciarci vivere in digitale

Redazione

Dal successo del Black Friday alla potenziale riscossa tecnologica europea

Archiviato il Cyber Monday, il lunedì degli acquisti online, si fanno i conti negli Stati Uniti e in Europa del weekend di shopping iniziato con il Black Friday. Tra negozi reali e virtuali gli americani hanno speso circa 25 miliardi di dollari, 15 dei quali, per l’osservatorio Adobe Analytics, sul web. In Italia gli affari sono stimati intorno a 1,5-2 miliardi di euro, il 52 per cento online. Si tratta di aumenti del 18-20 per cento, in controtendenza rispetto al calo di fiducia dei consumatori rilevato a novembre da Istat: clima che non trova riscontro nella pur timida ripresa economica, ma è influenzato dalle incertezze delle prossime elezioni. Negli Stati Uniti i record maggiori arrivano dal Cyber Monday, da poco sbarcato in Europa. Lo scorso anno anche il Black Friday era stato ostacolato in Italia dalle restrizioni sui saldi. La questione – come lo sciopero dei dipendenti Amazon di Piacenza presentato da sinistra e destra come nuova lotta di classe, e come ribellione alla tirannide digitale dai maître à penser del bel mondo antico (purché loro abbiano le comodità di quello moderno) – andrebbe vista con una visuale ampia.

 

Il Financial Times osserva come in Europa “a Londra, Berlino, Copenaghen, Parigi e Barcellona si possa comprare qualsiasi alimento senza prosciugare il conto il banca, il che rende queste città attrattive per i giovani di tutto il mondo”. La tecnologia, scrive Neil Rimer del fondo Index Ventures, rende la vita più facile e più economica, e incentiva le aziende europee a muoversi in questa direzione – senza dipendere dai colossi americani. Gli stessi giovani che beneficiano degli acquisti easy possono tentare la via delle startup (nelle quali l’Europa ha superato i 10 miliardi di dollari di valore) come Spotify, piattaforma di streaming musicale nata in Svezia, o le molte aziende di car sharing, e relative App. Basta non arroccarsi su posizioni di retroguardia che rendono la vita difficile ai nuovi protagonisti delle città come Uber o Airbnb (una tassa del 21 per cento sugli affitti a breve termine nella legge di Bilancio è considerata anti concorrenziale dall’Antitrust in un parere non vincolante inviato ieri al Parlamento). Pensare di battere il progresso con l’ostruzionismo è più che inutile, è stupido.

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