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Finché la banca va

Redazione

Dietro alle dispute politiche i problemi bancari (vecchi e nuovi) restano

A luglio 2016 l’Economist mise in copertina una vecchia corriera bianco-rosso-verde in bilico sul ciglio di un burrone, era il simbolo dell’industria bancaria nazionale. Il burrone è stato superato con aumenti di capitale, ristrutturazioni e capitali pubblici. Le banche sono in buona posizione per sostenere una crescita economica che, pur lontana dei livelli pre crisi, è migliore del previsto. Tuttavia non è il caso di pavoneggiarsi o di puntare i piedi in battaglie solitarie in Europa per diluire o per rimandare l’impatto della nuova regolamentazione della Banca centrale europea sulla gestione delle sofferenze a partire dal 2018. Le banche italiane hanno la quota di crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti più alta tra le maggiori economie (17 per cento) davanti a Russia e India (in Cina è bassa ma è probabilmente sottostimata). Ieri il Credito Valtellinese è affondato in Borsa (meno 29 per cento) dopo avere approvato un piano industriale che prevede un aumento di capitale fino a 700 milioni (più del doppio della capitalizzazione) e di aumentare la copertura delle sofferenze al 74,2 per cento l’anno prossimo. Il titolo è sottile, quindi esposto a fluttuazioni, ma gli investitori considerano quel livello di copertura un riferimento e si chiedono se sapranno adeguarsi anche Banco Bpm, Bper e Ubi, colpite da vendite. Le maggiori sfide future riguarderanno la capacità di contenere le vulnerabilità odierne. E poi investire in nuove tecnologie. Hanno appena chiesto la licenza bancaria europea le inglesi Revolut, Starling Bank, Monzo, e la tedesca N26 che offrono servizi solo su smartphone. Dietro alle dispute politiche, alcune banche sono indietro nella pulizia dei bilanci, altre rispetto alla rapida evoluzione della finanza. E’ il caso di spingere la corriera.

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