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Contro la scienza del malumore

Marco Fortis

Italia meglio di Spagna, Francia, Germania, Uk. Numeri in anteprima

Dopo la pubblicazione degli ottimi dati Istat sulla produzione industriale italiana a giugno 2017 si è subito aperto un surreale dibattito – tutto nostrano – sulla significatività di tali statistiche. Il “partito del malumore” (prima della rivoluzione oxfordiana del direttore Cerasa avremmo detto “i gufi”) non ha perso tempo e, innanzitutto, tanto per chiarire, ha sostenuto che se anche i dati fossero reali il merito della accelerazione della ripresa non sarebbe delle politiche economiche dei mille giorni del governo Renzi. Bensì, principalmente, di altri fattori, dalla politica accomodante della Banca centrale europea (che certamente ha aiutato) ad altri invero piuttosto singolari. Secondo alcuni, ad esempio, la ripresa che si sta intensificando sarebbe dovuta persino all’austerità, cioè sarebbe una specie di suo “germoglio”. Ma la tendenza prevalente è stata quella di affermare assertivamente: non è vera ripresa, al massimo è una ripresina; oppure che manca ancora molto per recuperare i livelli pre-crisi (i quali, per inciso, non è che siano stati distrutti durante i mille giorni ma casomai prima, forse qualcuno dovrebbe ricordarselo); oppure ancora si è detto che, poiché la produzione industriale pesa solo una per fetta minoritaria del pil, ci vorrà ben altro perché la ripresa italiana si consolidi veramente.

  

  

Noi non intendiamo assolutamente entrare in questo dibattito. Non condividiamo la recrudescenza del “malumore”. E non siamo, peraltro, gli unici: lo stesso centro di analisi Markit, come abbiamo ricordato nei giorni scorsi, ha già detto che anche a luglio la ripresa italiana è proseguita a tutto tondo, non solo nell’industria ma anche nel terziario. Così come all’opposto, non siamo mai stati trionfalisti o super-ottimisti quando nelle scorse settimane abbiamo anticipato diversi elementi che evidenziavano un nitido rafforzamento dell’economia italiana anche a livello di consumi delle famiglie, investimenti, turismo, servizi. Allora come oggi, ci siamo limitati e ci limiteremo sempre ad analizzare i dati, possibilmente guardandoli in un’ottica comparata con gli altri paesi e con una visione perlomeno di medio periodo. In particolare, presenteremo in questo articolo alcune statistiche che, salvo alcune piccole rettifiche dell’ultimo minuto, costituiranno la base del comunicato stampa dell’Eurostat sulla produzione industriale che sarà diramato il prossimo lunedì 14 agosto. Per capire se la crescita congiunturale italiana del mese di giugno (più 1,1 per cento) sia stata davvero importante è innanzitutto interessante vedere che cosa è accaduto negli altri quattro maggiori paesi dell’Eurozona e nel Regno Unito. Rispetto a maggio, solo la produzione industriale olandese (più 1,2) è cresciuta a giugno di un pelo in più della nostra. Per il resto l’Italia ha fatto meglio del Regno Unito (più 0,5) e della Spagna (zero), nonché di Germania (meno 1,1) e Francia (meno 1,2), che sono addirittura andate indietro.

 

Ma i dati congiunturali mensili non si possono mai prendere come oracoli. Oscillano, non danno una idea chiara della situazione. Meglio piuttosto guardare i dati tendenziali mensili anno su anno, depurati delle differenze di calendario (cioè del diverso numero di giorni lavorativi). Scopriamo allora che rispetto a giugno 2016, l’Italia è cresciuta a giugno 2017 nettamente più forte (più 5,3 per cento) di tutti gli altri paesi qui esaminati, ben davanti a Olanda (più 3,9), Spagna (più 3,2), Francia (più 2,5), Germania (più 2,1) e Regno Unito (più 0,3).

 

Ma, se proprio non vogliamo sbagliare, niente è più solido del bilancio di un periodo più lungo, perché in questo caso non ci si riferisce a un singolo mese, magari influenzato da un andamento particolare. Ecco allora che, rispetto al primo semestre 2016, il resoconto delle statistiche è chiaro (almeno per noi): la produzione industriale italiana è cresciuta nei primi sei mesi di quest’anno del 2,2 o del 2,3 per cento (secondo le stime), meglio di quanto abbiano fatto Spagna (più 2,1 per cento), Germania (più 2), Olanda (più 1,9), Francia (più 1,4) e Regno Unito (più 1,2).

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