Roma - Aereoporto di Fiumicino: Sciopero e corteo dei lavoratori precari di Alitalia (foto LaPresse)

Referendum Alitalia

Redazione

Inizia il voto dei dipendenti, ma niente salvataggi se scelgono il No

Mentre da oggi al 24 aprile si svolge tra i 12 mila dipendenti Alitalia il referendum sul contratto-ultima spiaggia dopo la mediazione governativa, sarebbe interessante chiedere ai 38,5 milioni di contribuenti italiani se in caso di vittoria dei No sborserebbero altri soldi per un nuovo salvataggio pubblico. Salvataggio sul quale si eccitano fantasie che vanno dalla sinistra di Stefano Fassina, che chiede la rinazionalizzazione, ai grillini che ipotizzano interventi di aziende del Tesoro tipo Eni e Leonardo al fianco “dei comuni interessati”. Le cifre più attendibili su quanto “Alitalia bene comune” sia costata a tutti noi vengono da Mediobanca e dall’Inps. La prima indica 7,4 miliardi dal 1975 al 2014, 185 milioni di euro l’anno, senza praticamente mai ritorni di utili e relative imposte. L’Inps rivela che il “Fondo volo” di piloti e personale, prontamente ribattezzato “Fondo di solidarietà”, grava sulla fiscalità generale per il 95 per cento, pagato in gran parte da una tassa di tre euro a biglietto per chiunque transiti in un aeroporto nazionale, anche, poniamo, viaggiando con Ryanair.

Il tutto per una cassa integrazione di importo medio per i piloti di 8 mila euro, con punte di 20 mila. Il sindacato piloti Anp, il più attivo sul fronte del No, definisce “inaudito” il sacrificio dell’8 per cento di retribuzione previsto dall’accordo, e aggiunge però che gli ottimi comandanti Alitalia non rischiano di restare a spasso, essendo molto richiesti, con paghe superiori, specie dalle compagnie orientali. Buon per loro, vadano. La storia dell’aviazione civile è costellata di illustri fallimenti e sigle scomparse: Pan American, Twa, Swissair, Sabena. Però si vola egualmente, molto più di prima. Quanto all’indotto, ricordate la catastrofe annunciata per Malpensa e Linate dopo il trasferimento a Fiumicino dell’hub Alitalia? Bene, i due scali milanesi hanno fatto nel 2016 il record di passeggeri e merci. Accadrà pure a Roma senza Alitalia, così come a New York senza Pan Am e Zurigo senza Swissair. Anche durante il penultimo salvataggio nel 2009 si organizzarono picchetti contro la “macelleria sociale”; poi alcune hostess pasionarie finirono con Antonio Di Pietro, altre al “Grande Fratello”, i piloti con contratti triennali a Dubai. Auguri per il referendum. Ma altri soldi nostri, mai.

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