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Azzerare gli idrocarburi per legge è un suicidio economico

Alberto Brambilla

La commissione Ambiente del Senato ha approvato un disegno di legge che prevede che “nei territori dei parchi e nelle aree contigue sono vietate attività di prospezione, ricerca, estrazione, e sfruttamento di idrocarburi liquidi e gassosi”

Roma. La commissione Ambiente del Senato ha approvato un disegno di legge che impedisce l’attività di esplorazione ed estrazione degli idrocarburi potenzialmente sull’intero territorio nazionale e si preannuncia devastante per l’economia. Il testo, approntato solo con l’audizione di associazioni ambientaliste e ora inviato alla Camera in seconda lettura, prevede che “nei territori dei parchi e nelle aree contigue sono vietate attività di prospezione, ricerca, estrazione, e sfruttamento di idrocarburi liquidi e gassosi”. Non sarebbe assurdo vietare la produzione di idrocarburi nei parchi naturali se non fosse che molto spesso quando si scova un giacimento le regioni proclamano strumentalmente “parco” l’intera area e che nel testo non è definito bene cosa significa “contigue” (zone di collegamento? Strade? Ferrovie? Chilometri quadrati?) e quindi se i confini non sono noti tutto il territorio può trasformarsi in un gigantesco parco. In Basilicata le conseguenze sarebbero gravi perché in Val d’Agri sorgono i giacimenti petroliferi su terraferma più grandi d’Europa operati dall’Eni e i parchi di coltivazione di idrocarburi coincidono con i parchi naturalistici.

 

L’onorevole Cosimo Latronico (Direzione Italia), eletto tra le file di Forza Italia in Basilicata, ha incalzato il governo Gentiloni durante un’interrogazione parlamentare chiedendo se questa sia la reale volontà dell’esecutivo viste le conseguenze che avrebbe per l’economia lucana in termini di investimenti e occupazione. La prospettiva investe il governo almeno per tre ragioni: annientare l’industria degli idrocarburi in Italia corrisponde alla Strategia energetica nazionale al 2030 di cui si è iniziato a discutere in Parlamento? E’ valido azzerare il settore petrolifero e gasiero rinunciando a 5-6 miliardi di entrate fiscali tra royalties e tasse (mentre la Commissione europea invoca una correzione della manovra finanziaria di 3 miliardi)? E’ conveniente rischiare la fuga degli investimenti esteri e cause legali contro lo stato per via di una legislazione cangiante? Il caso lucano non sarebbe isolato.

Appena viene fatta una scoperta di idrocarburi la regione interessata proclama la zona parco naturale. E’ un escamotage fatto per bloccare l’attività di esplorazione ed estrazione quando sono terminati tutti gli appigli legali: la politica locale procede d’imperio, visto che la politica energetica è in capo agli enti regionali e non allo stato centrale.

 

E’ successo in Abruzzo nel caso del campo gasiero e petrolifero della Rockhopper Exploration a Ombrina Mare con conseguenze paradossali e nefaste. Con la scoperta del campo offshore di Ombrina Mare, il parco Costa dei Trabocchi, area devastata da abusivismo edilizio e discariche abusive, è stato esteso dalla terra al mare. La legge regionale che strumentalmente aveva creato un parco marino nel 2008 è stata recentemente cancellata dalla Corte costituzionale perché illegittima così come la legge regionale che impediva di ricercare lì gli idrocarburi. I media locali si sono guardati bene dal dare risalto alla notizia visto che l’effetto dell’intemerata abruzzese ha un costo per la collettività, anche solo derivante dal fatto che la Suprema corte deve occuparsene per censurarla. Il parco marino non esiste più né sussiste alcun divieto, ma l’iniziativa ha creato ostacoli all’impresa e un ritardo nella realizzazione dell’opera di nove anni, ovvero dalla data della scoperta a oggi.

 

In una condizione in cui gli investimenti petroliferi sono incerti per i marosi del mercato globale – come segnalava sul Financial Times ieri l’ad di Saipem, Stefano Cao – l’estrema incertezza del diritto costituisce un impedimento fatale per le imprese estere a investire in Italia.

 

Il cambio di legislazione in corsa del 2016 per cui con legge dello stato sono state vietate le perforazioni a 12 miglia dalla costa ha ad esempio motivato Rockhopper a fare causa all’amministrazione centrale con richiesta di risarcimento danni, come comunicato dall’azienda inglese al ministero dello Sviluppo economico il 1° febbraio scorso. Il caso Rockhopper dà l’idea di quello che potrebbe succedere se passasse una legge che rende possibile proclamare parco naturale pressoché tutto il territorio italiano estendendo a dismisura le aree contigue: cause legali contro lo stato e penuria di investimenti in un paese già scarsamente attrattivo per le imprese estere. E siccome gli operatori non potrebbero nemmeno procedere alla manutenzione degli impianti attivi, i siti diventerebbero delle bombe ecologiche perché – se non curati – gli idrocarburi ad alta pressione e alte temperature possono eruttare con conseguenze drammatiche per l’uomo e per la natura, parchi compresi. In Parlamento sarà necessaria una riflessione.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.