Il sogno delle rinnovabili e la realtà

Redazione

Chi investirà nella decarbonizzazione se non porta guadagno?

A proposito dell’esigenza di bilanciare con cura l’uso delle fonti energetiche sulle quali la Strategia energetica italiana, un documento programmatico nazionale dal respiro decennale, dovrebbe puntare c’è un paradosso da tempo latente e oramai diventato palese. Come segnalato nel dibattito sulla Sen realizzato dal Foglio, e pubblicato il 2 marzo, l’eccessiva importanza garantita, non solo in Italia, alle fonti rinnovabili negli anni scorsi, attraverso generosi sussidi, mette in difficoltà il mercato dell’industria dei combustibili fossili e dell’elettricità. Come scrive il settimanale inglese Economist, la diffusione delle fonti rinnovabili sta diventando un problema anche per l’industria delle rinnovabili stesse.

 

L’arrivo sul mercato dell’energia elettrica dei nuovi attori, tipo eolico e solare, grazie ai sussidi pubblici, ad esempio in America, Cina, Germania, Italia, ha contribuito ad abbassare il costo dell’energia facendo però crollare i ricavi degli operatori che generano energia da fonti fossili e degli operatori che l’energia la trasmettono. S’avvera la “utility death spiral”. Questo processo sta diventando problematico per tutti e potrebbe mettere a rischio la decarbonizzazione dell’energia elettrica alla quale ambiscono gli ambientalisti e le associazioni preoccupate del cambiamento climatico: nel 2014 la International Energy Agency stimava che decarbonizzare la rete elettrica mondiale richiederà investimenti per 20.000 miliardi di dollari entro il 2035 e il processo è ovviamente molto lontano dall’essere a portata di mano. Ma se l’industria elettrica già non genera grandi guadagni, chi investirà in un business non remunerativo? Dilemma.

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