(foto LaPresse)

Gran nazionalizzazione in Polonia

Matteo Tacconi

Con la cessione di Pekao da parte di Unicredit il governo polacco è padrone delle prime banche del paese. Retromarcia delle privatizzazioni

In questi giorni la Polonia fa notizia per le dimostrazioni contro il partito conservatore al potere, Diritto e Giustizia, guidato da Jaroslaw Kaczynski. Tutto è iniziato con una protesta – in Parlamento e sulla piazza – a favore della libertà di stampa, messa a repentaglio secondo le opposizioni da una misura che avrebbe ridotto l’accesso dei giornalisti in Parlamento. Misura ritirata. In compenso, il partito di Kaczynski ha lanciato ieri l’offensiva finale sul Tribunale costituzionale, assumendone il controllo politico. Questa scalata, terminata ieri con l’insediamento di un presidente gradito, è avvenuta con misure muscolari sulle nomine dei togati e una serie di leggi che hanno rivoluzionato il funzionamento del Tribunale stesso. Questa faccenda è un duro colpo allo stato di diritto, secondo Bruxelles, che ieri ha chiesto l’ennesimo passo indietro. Mentre Andrzej Rzeplinski, presidente uscente dell’alta corte, ha detto che la Polonia “è sulla strada verso l’autocrazia”.

Intanto, i deputati dell’opposizione hanno organizzato un sit-in in Parlamento. Sembra invece essersi momentaneamente raffreddata la pulsione popolare fuori dal palazzo. Con la presa del Tribunale costituzionale, Diritto e Giustizia, che ha già in mano la presidenza delle Repubblica (con Andrzej Duda), il Parlamento (dove vanta la maggioranza assoluta) e ovviamente il governo, guidato da Beata Szydlo, dà ulteriore profondità al suo progetto di potere. Che non passa, però, dalla sola “presa” degli organi politici dello stato. La scorsa settimana è stato messo a segno un punto importantissimo: l’acquisto di Pekao, la controllata di Unicredit, da parte di Pzu, il colosso assicurativo statale di Varsavia. Il costo dell’operazione, 2,4 miliardi di euro, sarà sostenuto anche dal Fondo per lo sviluppo, anch’esso di natura pubblica.

 

Il passaggio di proprietà segna un punto importante nella cosiddetta ripolonizzazione dei settori chiave dell’economia perseguita dal governo conservatore insediatosi un anno fa. Al controllo forte sullo stato, deve affiancarsi un controllo forte dello stato sull’economia. Pekao, pezzo pregiato del portfolio di Unicredit, venduta perché serviva denaro subito, porta al 52 per cento la quota del capitale polacco nel comparto bancario. L’acquisto di Pekao è visto dal governo come un grande successo, ma ha sollevato non pochi dubbi tra gli osservatori. Il fatto che il capitale polacco nel settore bancario sia quasi interamente pubblico e che lo stato, con l’operazione Pekao, si ritrovi a possedere le due banche più grandi del paese (Pko Bp è la prima), potrebbe inceppare i principi della concorrenza. “Se Pko Bp e Pzu dovessero stabilire una strategia comune, fosse anche a riguardo di un singolo prodotto bancario, determinerebbero inevitabilmente il campo d’azione per le altre banche.

In tal senso, l’acquisto di Pekao da parte di Pzu potrebbe ridurre la competizione nel settore”, ha scritto Maciej Samcik, l’esperto di finanza di Gazeta Wyborcza, il giornale più diffuso del paese. Samcik, tra l’altro, specifica che è scorretto parlare di ripolonizzazione. “Siamo piuttosto di fronte a una nazionalizzazione”, ha scritto. Una nazionalizzazione imposta però da ragioni politiche e non dall’esigenza di salvare una banca e proteggerne i correntisti. Pekao è un istituto in salute, che assicurava mediamente il 10 per cento dell’intero gruppo Unicredit. Sull’operazione ha dei dubbi anche Michal Szuldrzynski, vice direttore del quotidiano economico Rzeczpospolita, di orientamento conservatore. Ha sostenuto provocatoriamente che il modo migliore di attuare la ripolonizzazione nel bancario, settore dove a suo avviso il ruolo forte dello stato non è così giustificato, sarebbe vendere le azioni di Pekao e farle acquistare dai cittadini polacchi.

Altre riserve espresse riguardano l’intervento del Fondo per lo sviluppo nella scalata a Pekao, ritenuto immotivato alla luce della missione di questo ente: sostenere start-up, export e infrastrutture. Ma quel che conta per il governo polacco, al momento, è aver ripolonizzato il settore bancario. La strategia è mutuata dall’Ungheria di Viktor Orban, al cui nazionalismo economico Jaroslaw Kaczynski si ispira. Sia lui che il primo ministro magiaro ritengono che la transizione abbia garantito crescita, ma che abbia anche costretto alla sudditanza economica. Orban, in sei anni di governo, ha riportato il capitale locale, pubblico o privato che sia, a superare quello straniero nei comparti dell’energia, dei media e della grande distribuzione. Rimane da scalare la finanza. L’arrembaggio di Kaczynski inizia invece da qui. Nei media e nella grande distribuzione la partita sarà più dura, rispetto a quella giocata a Budapest. Mentre nel comparto energetico lo stato polacco è già forte.