L'Unicredit trower in una foto di Davide D'Amico via Flickr

La ristrutturazione di Unicredit e le ombre francesi sulla finanza italiana

Mario Sechi

Il piano prevede il taglio di 14 mila posti di lavoro, un aumento di capitale da 13 miliardi, cessioni e accorpamenti.

Fatto il governo, ecco il reale problema dell’Italia, la cassa. Unicredit oggi presenta al mercato il suo piano di ristrutturazione e rilancio che prevede il taglio di 14 mila posti di lavoro, un aumento di capitale da 13 miliardi, cessioni e accorpamenti. La banca più internazionalizzata d’Italia si fa ristretta come un espresso. Le mani dei francesi si stanno allungando e la scelta di Jean Pierre Mustier come capo di tutto oggi appare un piano preciso, un percorso che conduce a Parigi. Il risparmio gestito di Pioneer è passato ai francesi di Amundi. C’è una tempistica da Signori del Caveau che apre tutto un mondo di dettagli dove si annidano piani di acquisizione, fusione, incorporamenti, scalate dirette e indirette, la vera essenza del potere: la cessione di Pioneer a Amundi viene comunicata dopo il referendum, a caso politico chiuso, Renzi out, si apre lo shopping sicuro nel regno totale dell’incertezza. Poste al tappeto, ko. Molto altro seguirà e i rumors ne illuminano anche le fauci grosse nel buio, sono quelle di Société Générale. Questo è il punto di caduta della storia della seconda banca italiana, è una preda nel mirino della Francia e sembra destinata – come ha scritto Marco Cecchini sul Foglio – a diventare “un distributore di prodotti finanziari altrui”.  Tutto il gioco di scacchi che non convinceva l’ex amministratore delegato Ghizzoni, si sta compiendo, i pezzi dove si cela futuro e si legge redditività vengono ceduti uno dopo l’altro. Finirà così? Commento di una fonte che pencola tra Roma e Parigi al titolare di List: “A pensare male non si fa Pekao”. Touché.

Di più su questi argomenti: