Foto di Allen Watkin via Flickr

Boeing e Airbus mettono le ali al regime degli Ayatollah

Gabriele Moccia
L'organismo del dipartimento del Tesoro americano che verifica lo stato di attuazione delle sanzioni ha autorizzato le due società alla vendita di decine di aerei per agevolare l'espansione commerciale di Iran Air. La mole degli ordini va al di là del  rinnovo di una flotta carente e potrebbe permettere alla compagnia di bandiera iraniana di insidiare le rivali Emirates e Saudia.

Roma. Mentre da New York, che ospita l'appuntamento annuale Assemblea generale Onu, continuavano i timidi approcci diplomatici di Stati Uniti e Unione europea per imbrigliare l'impegno iraniano in Siria, a Washington scattava il più forte passo del disgelo economico/commerciale con il regime degli Ayatollah.

 

L'Ofac, l'organismo del dipartimento del Tesoro americano che si è sempre occupato di verificare lo stato di attuazione delle sanzioni con Teheran, ha infatti autorizzato Boeing e Airbus alla vendita di un pacchetto di aerei per agevolare le mire d'espansione commerciale dell'Iran Air, la compagnia di bandiera iraniana. La luce verde consentirà a Boeing di trattare la cessione di 80 velivoli mentre, per quanto riguarda Airbus, sulla base di un primo accordo siglato lo scorso gennaio tra il presidente Rohani e il presidente francese Hollande, verranno venduti i primi 17 aerei di una tranche totale di 117, tra A320 e A330, per un controvalore pari a 25 miliardi di dollari.

 

Come hanno scritto alcuni analisti, Iran Air intende raggiungere una capacità di flotta di 500 aerei entro dieci anni per cercare di diventare la prima compagnia del medio oriente, scalzando il primato alla Emirates che ha 249 velivoli e ne ha ordinati altri 249 per i prossimi anni. Già solo la commessa Airbus consentirà agli iraniani di superare (sempre in termini di flotta, Saudia) la compagnia di bandiera saudita, un bello smacco per Riad.

 

La mossa dell'Amministrazione Obama, ormai agli sgoccioli, non ha mancato di scatenare le polemiche. Alcuni membri del congresso hanno vivamente protestato, facendo notare al presidente Obama che alcuni di questi mezzi potrebbero in futuro essere usati per trasportare truppe o comunque personale coinvolto nelle operazioni iraniane in Siria o Yemen. Peter Roskam, membro repubblicano del Congresso per l'Illinois, ha ricordato come l'amministrazione Obama abbia ancora una volta lanciato un segnale di appeasement al regime di Teheran a spese della sicurezza nazionale.

 

Non sono mancate le reazioni anche in Italia, in una lettera aperta al presidente della Repubblica e al ministro degli esteri, alcuni esponenti del parlamento italiano, tra i quali Daniele Capezzone e i senatori Luigi Calderoli, Luigi Compagna e Lucio Malan, hanno espresso viva preoccupazione per le iniziative economiche e di cooperazione militare tra l'Italia e l'Iran. "Desta preoccupazione che il Governo italiano, intensificando ad ogni livello i rapporti con Teheran, e dando forte impulso alle iniziative economiche nel mercato iraniano, sottovaluti i considerevoli rischi esistenti per il nostro sistema imprenditoriale e finanziario in Iran", si legge nella lettera. Del resto i rapporti commerciali tra Roma e Teheran continuano ad essere caratterizzati da un forte attivismo, nel tentativo di sfruttare l'evoluzione della fase post-sanzioni.

 

Si sono moltiplicate le missioni di compagini imprenditoriali regionali nella Repubblica Islamica (l'ultima in ordine temporale da parte del sistema veneto), sul versante energetico Eni è pronta a sfruttare i nuovi contratti petroliferi, ma anche altri soggetti come Ansaldo Energia si dicono pronti a tornare a fare investimenti in Iran. L'iraniana Karoon Petrochemical Company intende esportare prossimamente una vasta gamma di prodotti petrolchimici in Italia, come ha fatto sapere il direttore commerciale della società, Kazem Bastakian, citato dal sito web Financialtribune.com. Ma l'Italia è anche il principale acquirente di prodotti iraniani non petroliferi in Europa. Secondo i dati del ministero del commercio iraniano citati dall'agenzia di stampa Irna, le esportazioni iraniane verso l'Italia sono state di 261,5 milioni di dollari nei primi cinque mesi, a fronte dei 226 milioni di dollari dello stesso periodo dello scorso anno.

 

Qualcosa si muove pure sul versante bancario (tra i più colpiti in passato dalle greppie sanzionatorie): Monte dei Paschi, insieme a Sace, ha appena finalizzato un'operazione per garantire il pagamento di materiale plastico da parte di una banca iraniana Parsian Bank. Il mondo delle banche è peraltro il banco di prova della lotta che il presidente Rohani sta ingaggiando per allontanare i pasdaran dal mondo dell'economia, vedremo con quale successo. Come riportato sul Financial Times, Rohani avrebbe, infatti, chiesto a due delle principali banche del paese, Sepah e Mellat, di rifiutarsi di fare affari con la holding delle guardie della rivoluzione, Khatam Al Anbia.
 

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