Cari grillini, sull'olio d'oliva si impone il protezionismo sulle spalle dei deboli

Redazione
Una risposta ai deputati del M5s della commissione Agricoltura Filippo Gallinella e Giuseppe L’Abbate che sul Foglio hanno argomentato la loro opposizione all’ingresso senza dazi di una quota maggiore di olio d’oliva tunisino nel mercato europeo.

In una lettera al Foglio, pubblicata sabato, i deputati del M5s della commissione Agricoltura Filippo Gallinella e Giuseppe L’Abbate hanno argomentato la loro opposizione all’ingresso senza dazi di una quota maggiore di olio d’oliva tunisino nel mercato europeo. Sintetizzando, i due riconoscono la necessità di politiche europee atte a irrobustire e a difendere la società e la statualità tunisina dalle pressioni del fondamentalismo religioso e del rischio islamista, tanto che propongono non di sgravare dai dazi l’olio d’oliva, ma di usare quelle entrate doganali per programmi di aiuto. No, cari amici pentastellati, noi preferiamo sempre insegnare a pescare piuttosto che regalare pesci e alimentare illusorie forme di assistenzialismo (se non vi è già capitato, leggete il sempre illuminante saggio “La carità che uccide” della scrittrice zambiana Dambisa Moyo). Una politica commerciale di abbattimento dei dazi ha proprio l’obiettivo di favorire in quota parte lo sviluppo endogeno della società tunisina. Dunque, davvero non si comprende come Gallinella e L’Abbate possano paragonare questa misura con le sanzioni alla Russia: qui si tratta di ridurre barriere al libero commercio, lì di frapporne. C’è tutta la differenza del mondo.

 

La piega che sta prendendo la questione – segnaliamo il presidente della regione Puglia Emiliano che parla di un favore alle sempreverdi multinazionali – è la più classica delle contrapposizioni tra liberoscambisti e protezionisti. Secoli di storia e di dati economici hanno dimostrato che il protezionismo danneggia solo i più deboli, i lavoratori e i consumatori. Anziché imbastire queste ideologiche guerre di religione, sarebbe meglio impegnarsi per aumentare la produzione di olio italiano, con maggiore imprenditorialità e scelte biotecnologiche avanzate che contrastino le malattie delle piante (vedi il caso Xylella). Consumiamo oggi il doppio dell’olio d’oliva che produciamo: c’è ampio margine sia per produrne di più che per importarne. D’altronde, il mercato mondiale ha fame di olio d’oliva italiano di qualità, che paga a prezzi molto remunerativi: i produttori italiani non hanno nulla da temere dalla concorrenza dei cugini tunisini. Il vero pericolo italico è un certo virus del complottismo e dell’anti-scientismo di cui ci stiamo progressivamente ammalando.

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