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Prendere sul serio l'enogastronomia di Dibba

Luciano Capone

Il problema è che il protezionismo e l’autarchia dei grillini affosserebbero il settore

Roma. Alessandro Di Battista, esponente di spicco del Movimento 5 stelle, in un’intervista al giornale tedesco Die Welt ripresa dalla Repubblica, ha esposto alla platea internazionale la strategia economica del futuro governo a 5 stelle per rilanciare il paese: “Puntiamo sull’enogastronomia, una nostra eccellenza, il nostro petrolio”. La giornalista tedesca ha dovuto prendere per buona questa risposta, visto che la prima era stata: “Noi puntiamo sulla green economy”. Visto che la Green economy italiana, uno dei paesi più verdi d’Europa, attualmente si regge su 12,5 miliardi di euro l’anno di sussidi pubblici, la seconda risposta è sembrata più accettabile.

Ma anche in questo caso bisogna ricordare che, pur essendo un settore importante e in crescita dell’economia italiana, l’agricoltura rappresenta solo circa 33 miliardi di euro, pari al 2,3 per cento, del valore aggiunto nazionale. E se si considera anche l’industria alimentare, il complesso del settore agroalimentare, secondo l’Istat, arriva a rappresentare il 4 per cento del valore aggiunto. Ma, sempre prendendo sul serio la strategia economia a 5 stelle esposta da Di Battista, se nei paesi ricchi di petrolio l’oro nero è la principale voce dell’export, la bilancia commerciale agroalimentare italiana è da sempre in deficit. Nel 2015, nonostante le esportazioni siano cresciute più delle importazioni, il deficit agroalimentare è stato di poco inferiore ai 5 miliardi di euro. Ed è stato un risultato positivo, visto che negli ultimi 25 anni il passivo non è mai stato inferiore ai 6 miliardi. In questo senso l’enogastronomia è letteralmente il “nostro petrolio”, nel senso che rappresenta una piccola fetta dell’economia, proprio come il petrolio in un paese come l’Italia in cui ci sono pochi giacimenti di idrocarburi.

Gli altri punti del programma economico sviscerati da Di Battista sono la diminuzione dell’imposizione fiscale, l’aumento della spesa per le opere pubbliche, prestiti pubblici alle piccole e medie imprese e reddito di cittadinanza per i disoccupati. Da finanziare come? “Con una seria lotta alla corruzione, che costa allo stato 60 miliardi di euro l’anno e variando i termini della prescrizione”. Sorvolando sul secondo punto, l’unica cifra citata dal deputato grillino a copertura delle spese è inventata. Non esiste nessuna stima sull’entità della corruzione e quella dei “60 miliardi di corruzione” – una cifra talmente esagerata che dovrebbe essere pari alla metà di tutta la corruzione degli altri paesi dell’Unione europea – è una bufala che negli ultimi anni è stata smentita da chiunque, compreso il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone che l’ha definita “una leggenda”.

C’è poi la richiesta di indire un referendum per l’uscita dall’euro, che ha come primo limite quello di essere incostituzionale – la costituzione strenuamente difesa dal M5s non consente di fare referendum sui trattati internazionali – e inoltre avrebbe il problema di scatenare una corsa agli sportelli e il conseguente collasso del sistema bancario. Tra le strategie esposte resta quindi solo il rilancio dell’enogastronomia, ma il problema è che il protezionismo e l’autarchia dei grillini affosserebbero il settore. Il M5s si oppone ai trattati commerciali con il Nord America, anche se questo è uno degli sbocchi principali del nostro export, e vuole bloccare l’importazione di materie prime necessarie sia per il fabbisogno alimentare dei cittadini sia per la trasformazione in prodotti tipici. Di Battista aveva spiegato la filosofia del M5s con uno slogan: “Vogliamo mangiare quel che produciamo e produrre quel che mangiamo”. Non c’è spazio per il commercio e per la crescita economica, solo per l’autoproduzione e l’autoconsumo: dopo la coprolalia il M5s sdogana anche la coprofagia. 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali