Il presidente cinese Xi Jinping (foto LaPresse)

Pennsylvania Avenue

Le spine del piano quinquennale cinese del “modernista” Xi

Domenico Lombardi
Oltre al pil. I rischi dietro il piano economico del Partito comunista che vuol portare la Cina nel mondo

A giorni il governo di Pechino rilascerà la bozza del tredicesimo piano quinquennale, il primo sotto la presidenza di Xi Jinping, al potere dal 2012. Discusso giorni fa dal Comitato centrale, il documento che sta per essere rilasciato servirà come base per le consultazioni che avverrano nei prossimi mesi sino all’approvazione della bozza definitiva da parte dell’Assemblea parlamentare il prossimo marzo. Le consultazioni per il nuovo piano quinquennale si svolgono in una fase assai delicata per il paese, la cui economia mostra segnali di rallentamento dopo anni di crescita con tassi a due cifre. C’è il timore, in particolare, che tale rallentamento rafforzi gli elementi del Partito ostili alla linea riformista di Xi Jinping, pronti a utilizzare in modo strumentale i disagi che la transizione verso un nuovo modello di crescita sta generando nella società cinese.

 

Cerchiamo di capire da vicino contenuti, obiettivi e attori chiave in questo processo. L’obiettivo del nuovo piano è di raddoppiare il pil pro capite del 2010 entro i prossimi cinque anni. In pratica, tale obiettivo implica un tasso di crescita del pil pari al 7 per cento per l’anno in corso e tassi di espansione intorno al 6,5 per cento per i prossimi anni sino al 2020: nel complesso, l’obiettivo prefigura un sentiero di crescita più elevato di quello che è l’effettivo tasso potenziale dell’economia cinese vicino al 6 per cento, secondo alcuni analisti indipendenti. Eppure non si colloca su valori significativamente distanti dalle previsioni del Fondo monetario internazionale per il prossimo quinquennio, pari a un tasso di crescita del 6,3 annuo.

 

Più che la dinamica di crescita, che l’attuale bozza riconosce essere “medio-alta” a differenza del precedente piano del 2010 che la caratterizzava come “stabile ed elevata”, il documento discusso dal Comitato centrale la scorsa settimana prevede una trasformazione strutturale dell’economia cinese, in linea con le attese degli esperti internazionali.

 

Riconosce il limite del modello di crescita basato sulle esportazioni che ha guidato l’economia di Pechino a sino a poco tempo fa ed elabora in termini programmatici la visione riformista del nuovo leader centrata sull’espansione della domanda domestica grazie all’innovazione. Quest’ultima è volta a facilitare l’allocazione più efficiente di lavoro e capitale, ma anche di tecnologia e risorse manageriali. Il documento, poi, richiama la necessità di una più stretta integrazione fra aree urbane e rurali, escluse dallo straordinario processo di sviluppo economico e sociale che ha coinvolto i grandi centri urbani. Descrive l’evoluzione dell’economia verso un nuovo paradigma centrato sulla sostenibilità ambientale a bassa intensità di carbonio. Infine, prefigura un ruolo proattivo del paese “nella partecipazione alla governance economica mondiale e nella fornitura di beni pubblici mondiali” e promette una “partecipazione attiva nei negoziati per i cambiamenti climatici globali”.

 

In Cina, si sa, i simboli valgono spesso più dei contenuti. E’ indicativo che lo stesso Xi Jinping, e non il primo ministro Li Keqiang, abbia spiegato alla sessione plenaria del Comitato centrale le linee guida del nuovo piano, rivendicando simbolicamente la paternità politica del processo di trasformazione che il piano prefigura. Del resto, Xi ha accentrato nelle sue mani la presidenza di tutte le commissioni chiave che sovrintendono alla politica economica del paese, come, ad esempio, quella per gli affari economici e finanziari in seno allo stesso Comitato centrale del Partito.

 

[**Video_box_2**]Dietro le quinte, il suo fidato consigliere economico plenipotenziario, He Liu, ha orchestrato le linee guida del nuovo piano. Con Xi, He condivide, anzi, traduce in prescrizioni di politica economica, l’orientamento riformista e market-friendly del suo leader. Come il suo leader, è un pragmatico, apparentemente di basso profilo, che rifugge da rigidità ideologiche ma non è meno determinato nel traghettare il suo paese verso la modernizzazione economica.

 

Economista di formazione harvardiana, He Liu ha un prezioso alleato nel governatore della Banca centrale di Pechino, Zhou Xiaochuan, anche lui fedelissimo a Xi, il quale lo ha ritenuto indispensabile in via del tutto eccezionale nonostante l’autorevole banchiere centrale avesse già da tempo maturato l’età pensionabile. Come membro del comitato centrale, He gode di rango di natura ministeriale e ricopre le posizioni apicali tecnocratiche in seno alle medesime commissioni chiave che Xi controlla politicamente.

 

Nei prossimi anni, il successo del piano modernista di Xi sarà confermato dall’attesa e ulteriore ascesa del suo superconsigliere nel massimo organo del Partito costituito dai 25 membri del Politburo in occasione del prossimo Congresso del Partito nel 2017.

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