Barack Obama (foto LaPresse)

Non solo Grecia e migranti

Pezzo grosso americano ci spiega cosa guadagnerà l'Europa dal libero scambio

Marco Valerio Lo Prete
Tong, consigliere economico del Dipartimento di stato, al Foglio: “Big news” i nuovi poteri di Obama sul commercio, Bruxelles segua

Roma. “Big news quelle arrivate stanotte da Washington”, dice Kurt W. Tong, di passaggio in Italia per alcuni incontri riservati con dirigenti del ministero dell’Economia, industriali e sindacati (oltre che per un’immancabile tappa all’Expo). Tong, numero due per i dossier economici al Dipartimento di stato americano, quando parla di “grandi notizie” si riferisce all’approvazione della cosiddetta Trade Promotion Authority (o “fast track”). Mercoledì, infatti, il Senato americano ha votato, con una maggioranza bipartisan di 60 voti a 38, quei poteri speciali che per qualche tempo consentiranno al presidente Barack Obama di negoziare accordi di libero scambio e quindi sottoporli al voto del Congresso che, a questo punto, potrà dire soltanto “sì” o “no”, senza proporre emendamenti. Gli accordi di libero scambio di cui si parla sono due: il Tpp, con altri 11 paesi che si affacciano sul Pacifico, e il Ttip (Transatlantic trade and investment partnership) fra Stati Uniti e Unione europea. E’ significativo però che ieri il Wall Street Journal, nel suo articolo in prima pagina sul voto del Congresso, citasse soltanto l’accordo con i paesi del Pacifico. L’accordo con l’Europa, impegnata oggi su crisi di vasta portata (dalla Grecia all’Ucraina, passando per l’immigrazione), è come se fosse passato in secondo piano per causa di forza maggiore. “Questo voto è un nuovo forte impulso ai negoziati con Bruxelles. I partner europei ora possono trattare con una certezza in più sull’atteggiamento del Congresso”, dice al Foglio Tong che, negli ultimi due anni, ha fatto la spola tra Amministrazione e Congresso proprio per arrivare al risultato di mercoledì. Che pure non è il traguardo finale. Il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, lo scorso anno auspicò che i negoziati sul Ttip potessero concludersi nel semestre di presidenza italiana. Così non è stato. “Il Tpp con i paesi del Pacifico è in una fase di elaborazione più avanzata. Ma nelle prossime settimane avremo un altro round di pourparler pure con Bruxelles. Mi aspetto progressi significativi quest’anno, ma non fissiamo deadline”, dice Tong in un incontro a porte chiuse con alcuni giornalisti. Il diplomatico americano nega che l’Europa in questa fase appaia troppo presa da una serie di crisi simultanee per dedicarsi all’accordo di libero scambio. E’ un fatto, tuttavia, che il dossier “Ttip” non svetti nel dibattito pubblico europeo. E lì dove più si discute, specialmente nel paese leader dell’Eurozona, la Germania, questo dibattito è tutt’altro che rose e fiori. Ancora ieri per esempio la Frankfurter Allgemeine Zeitung, in una sua analisi, citava le discussioni sul Ttip come un caso di scuola in cui la vecchia Commissione Ue guidata da Barroso avrebbe dimostrato di essere troppo sensibile ai soli interessi degli industriali. Tong vede solo “entusiasmo dai leader europei”. Non evita però di ragionare sulle ricadute geopolitiche dell’intesa. Vedi alla voce Russia.

 

“La nuova commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmström, si è dimostrata molto energica. Per entrambi, Stati Uniti ed Europa, trovare un accordo è importante. Anche in termini geopolitici”, dice Tong, il numero due per i dossier economici al Dipartimento di stato guidato da John Kerry. “All’accordo si lega un senso di unità, una condivisione di obiettivi. E quando il mondo torna a essere un posto pericoloso, condividere degli obiettivi tra americani ed europei è ancora più importante”. C’è la crisi economica da cui tirarsi definitivamente fuori, certo. Su questo però, mentre la Commissione Ue in passato ha stimato in mezzo punto di pil aggiuntivo la crescita che discenderebbe dalla piena applicazione del Ttip (tra una decina d’anni, quindi), Washington ha sempre preferito non dare i numeri. Una stima ufficiale ci sarà solo al momento della stipula dell’accordo. “Il Ttip, se concluso, accelererà sicuramente il flusso degli scambi, degli investimenti e quindi la crescita delle due aree. L’Italia, che già oggi ha un’economia competitiva che sta tornando a vedere la luce, e ha un surplus commerciale con gli Stati Uniti, ne dovrebbe beneficiare”.

 

[**Video_box_2**]Non è solo questione di decimali di pil. In questi giorni, sulla stampa europea, sono state pubblicate inchieste che stimano in 80 mila posti di lavoro persi e 140 milioni di euro in valore aggiunto dall’export in meno gli effetti di breve termine delle sanzioni euro-americane alla Russia di Putin (nel lungo periodo il calo di occupazione sarebbe di 215 mila posti). L’Amministrazione americana non ha mai condiviso queste letture allarmiste. Anzi. “La Russia non è un grosso partner commerciale del vostro paese. L’impatto sulla vostra economia è tutt’altro che significativo. In proporzione è lo stesso impatto che c’è sull’economia americana – dice Tong – Poi dai cosiddetti ‘effetti delle sanzioni’ sull’economia italiana andrebbero  distinti gli effetti che in realtà sono dovuti alla profonda crisi dell’economia russa, tra caduta del rublo e dei prezzi del petrolio”. Secondo Tong, le sanzioni sono pensate per colpire più che altro “il potenziale di crescita di Mosca”, rendendo quel paese meno attraente per gli investitori stranieri. “Il Ttip non ha alcun legame diretto con tutto ciò. Ma potrà sostenere le economie europee”. Anche se il Tesoro americano di recente ha criticato pubblicamente gli squilibri nell’Eurozona, e in particolare l’avanzo delle partite correnti tedesco? “Ai fini del Ttip è importante l’Europa nel suo complesso. E poi non vorrei interpretare il pensiero dei colleghi del Tesoro – conclude sorridendo Tong – Ma da amico dell’Europa, credo di poter dire che la Germania potrebbe stimolare la propria domanda interna per il bene del continente”.

Di più su questi argomenti: