Matteo Renzi e Vladimir Putin durante l'incontro a Mosca del marzo scorso (foto LaPresse)

L'Italia, possibile laboratorio della gigantesca alleanza sino-russa

Francesco Galietti
Lettura geoeconomica in contromano sulla contesa atlantica ed euroasiatica nel teatro italiano. La narrativa dell'aquila tricipite e della doppia elica.

L’Italia, linea di demarcazione tra poderosi campi di forza, è teatro di un plot elettrizzante. Sulla penisola italiana insistono quattro grandi forze esterne: migrazioni e risorse prime dall’Africa; petrolio e gas dalla Russia; soldi crescenti dalla Cina; basi militari dagli Stati Uniti. A tutti gli effetti, è la conferma che Roma è nella scomoda posizione di chi si trova esattamente sul punto di tangenza di più placche geopolitiche. Oggi il ritorno della storia ha messo in ebollizione il Mediterraneo e la geografia dello "stivale" è nuovamente un elemento interessante, ma il fardello del quarto debito pubblico al mondo e le crescenti difficoltà della politica nel conciliare rigore di bilancio con tornaconto elettorali non consentono facili ottimismi.

 

La scomoda condizione di paese contendibile, tuttavia, fa proprio dell’Italia il banco di laboratorio geopolitico in cui si misurano – e si scontrano - due diversi paradigmi dell’ordine mondiale. Il primo schema è quello “atlantista allargato” e vede il superamento degli antagonismi con la Russia da parte degli Stati Uniti e della confinante Unione europea. Simbolicamente, questo sarebbe un sodalizio espresso dalla figura dell’aquila tricipite – animale che ricorre nelle narrative imperiali (americana, russa, tedesca, asburgica). Sempre su un piano pre-politico, sono inequivocabilmente all’opera per questo schema “diplomazie del profondo”. E' così, infatti, che si può incasellare il viaggio della Croce papale in Turchia alla fine del Novembre 2014, in un percorso di accelerazione del riabbraccio con il vasto mondo ortodosso e i principali sottogruppi che lo compongono, tra cui la spiritualità neo-zarista russa.

 

Sul piano politico in senso stretto, queste colonne fanno sommessamente notare due elementi. Il primo elemento è che le elezioni presidenziali americane potrebbero in caso di affermazione repubblicana imprimere un netto cambio di direzione nei rapporti con la Russia. Il secondo dato è che il candidato di punta repubblicano Jeb Bush è un cavaliere di Colombo ed è lecito presumere che sia in armonia con la “diplomazia del profondo” cattolica. Sul piano economico, la forza dello schema “atlantista allargato” è testimoniato dalla tenacia con cui attori della comunità finanziaria e industriale europea spingono per una composizione dei rapporti con Mosca nonostante il perdurare del confronto sull’Ucraina e delle sanzioni internazionali. Significative, ad esempio, le parole del siciliano "espiantato" in Germania Giuseppe Vita, presidente di Unicredit, la megabanca italiana a più marcata impronta asburgica, al recente East Forum di Berlino: “una zona europea di libero scambio con la Russia non è un’utopia, ma una visione realizzabile”.

 

Il secondo paradigma è quello della “doppia elica”, secondo la ormai celebre metafora di pensatoi eurasiatici. Secondo questa visione, Mosca e Pechino avrebbero ormai maturato un interesse per un’integrazione così forte da far accantonare il ricordo di secoli di dominazione tartara in Russia. Nella simbologia del sodalizio sino-russo ricorrono sia la doppia elica della genetica, sia i gemelli siamesi, i cui corpi sono saldati alla vita e al torace ma hanno due teste distinte. Principale motore di questo insolito avvicinamento è l’attuale contrapposizione tra occidente e Russia su molteplici fronti, a cui ha senza dubbio contribuito l’aperta ostilità della presidenza democratica di Barack Obama verso il Cremlino.

 

[**Video_box_2**]La “doppia elica” postula la formazione di un ordine alternativo a quello occidentale, e non solo di una categoria residuale. L’ordine occidentale è infatti imperniato sulla capacità statunitense di proiettare forza, ma anche sulle istituzioni di Bretton Woods e nello sviluppo della dottrina geofinanziaria che consente a Washington di condurre delle guerre valutarie. E' per sottrarsi a questo meccanismo che nel proprio disegno geostrategico, Pechino sta affiancando alla costruzione delle infrastrutture che compongono le nuove "vie della seta" anche l’edificazione di un complesso di istituzioni finanziarie. Come la banca di sviluppo regionale Asian infrastructure investment bank (Aiib), che è una plastica risposta all’accelerazione impressa dagli Stati Uniti al partenariato Trans-pacific partnership (Tpp) in chiave di contenimento della Cina.

 

L’Italia, che ha da poco annunciato l’adesione alla Aiib, è anche il laboratorio dove si registrano non solo una crescente presenza cinese in ambiti sensibili (Cdp Reti) ma anche operazioni sino-russe. Come il passaggio di mano di Pirelli a ChinaChem (in accordo con Rosneft). O come l’operazione Wind-3 Italia, quindi Vimpelcom e Hutchison Whampoa, di cui ha recentemente scritto il Financial Times. Casi isolati o prove generali dello schema a “doppia elica”? 

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