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di cosa parlare stasera a cena

Cosa ci dice la liberazione di Zaki sulla pratica dell'accoglienza

Giuseppe De Filippi

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Una cosa fatta bene, anche nello stile, e la lettura politica che se ne può dare. E la felicità di chi può riabbracciare Patrick Zaki e della comunità universitaria bolognese che lo ha accolto. La sua vicenda di egiziano, venuto in Italia per studiare e poi difeso, protetto dell'Italia come se fosse un suo cittadino, mostra che nei casi concreti, visibili, esposti al giudizio dell'opinione pubblica, la forza dell'accoglienza è maggiore di quella determinata dall'odio e dalla paura. È chiaro che l'Italia portava con sé il rimorso per il doppio fallimento nel precedente dell'omicidio di Giulio Regeni, non protetto nel momento del pericolo e per la morte del quale non è stato possibile ottenere dall'Egitto giuste e corrette indagini. Ma l'azione preventiva nel caso di Regeni, mandato verso rischi terribili da un'università inglese, era davvero impossibile per l'Italia. Ora si può dire che esiste un prima e un dopo Zaki riguardo alla teoria e alla pratica dell'accoglienza. Anche per chi non arriva qui da matricola universitaria

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

Tutto questo non è compatibile con le recenti espressioni di simpatia politica verso il partito di destra spagnolo Vox da parte di Giorgia Meloni. Un'intesa programmatica da ripensare. Prima che, come già sta accadendo, sia la controparte spagnola a prenderci troppo gusto.

Fatto #2

Ripeschiamo un recente Matteo Salvini perché sembra rispondere alla definizione di capo del governo ombra che qui gli diamo da tempo. Va tutto bene con Meloni, sembra dirci, con uno spreco di virgole enfatiche, per smentire i sospetti di una sua attività parallela a quella del governo.

Poi qui si critica spesso Salvini, ma altrettanto si fa con Frans Timmermans, questo tweet si chiude con un bell'uno a uno.

Fatto #3

Sorpresissima: giovani e adolescenti italiani sono in buona maggioranza molto soddisfatti delle loro condizioni di vita.

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