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Segnali di debolezza: il governo Meloni gioca a nascondino sul Mes

Giuseppe De Filippi

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Giorgia Meloni non avanza e non chiede di seguirla, ma neppure indietreggia. Si è fermata. Un po’ a sorpresa, perché aveva appena realizzato una serie di uscite internazionali con risultati di valore e aveva anche avviato riforme di grande rilievo, dalla giustizia al fisco, dal codice appalti al lavoro. Ma oggi ha dato l’impressione di non avere in mano il governo. E dire che una delle critiche più frequenti che le vengono rivolte nelle chiacchierate tra persone influenti e quella di aver accentrato troppo potere e troppe attività di governo a Palazzo Chigi.

Oggi è sembrato che il potere forse lo tenga stretto accanto a sé, concedendo una minima condivisione verso lo strettissimo giro di persone fidate, ma che non lo usi. Ieri qui, unendo ingenuità a scaltrezza politica, avevamo interpretato l’indicazione del giorgettiano ministero dell’economia a favore (e senza controindicazioni) del voto per il sì al Mes come una mossa concordata intelligentemente con Palazzo Chigi, per creare le condizioni da cui sarebbe disceso il cambio di orientamento del governo. Perché messi di fronte alle considerazioni tecniche inoppugnabili anche gli antieuropeisti militanti si sarebbero dovuti allineare.

Ma, ammesso che lo schema sia vero, per queste operazioni serve una voce chiara da parte di chi è alla guida del governo. I cambiamenti di linea rispetto ai proclami elettorali e anche rispetto alla propria storia di partito li hanno fatti tutti i governi del mondo. Della coerenza non importa niente a nessuno, ma una cosa si chiede e cioè che la santa incoerenza se la intesti chi ha la massima responsabilità politica. Quello è il passaggio che sana la rottura delle promesse e, insieme, promuove la forza di una leader. Ma non mandare la maggioranza a votare in commissione sul Mes è un atto di debolezza estrema, forse non sostenibile. Con il ridicolo del voto positivo ottenuto grazie a parlamentari dell’opposizione, anzi, di un pezzo di opposizione (quel Pd che continua anche dall’opposizione a tenere il peso della coerenza europea dell’Italia). Non un governo ombra ma un’ombra di governo, dice il professore Stefano Ceccanti.

L’incredibile fuga di governo e maggioranza da un voto su un tema che Meloni ha trattato al massimo livello con i partner europei non può essere giustificata dicendo semplicemente che non si vuole aderire a uno schema, quello del voto parlamentare di orientamento, scelto e imposto dall’opposizione. Una maggioranza è tale se riesce a manifestare la propria volontà anche quando l’agenda la fissa l’opposizione, fa parte del gioco democratico. E l’opposizione osserva tra critiche e sbigottimento.

Tutto questo mentre un Consiglio dei ministri già convocato veniva cancellato e poi riconvocato, in assenza di Meloni per motivi personali, solo per esaminare eventuali impugnative delle leggi regionali.  Ma la mattina una nota di Palazzo Chigi faceva sapere che per l’attesa nomina del commissario per gli aiuti e la ricostruzione in Romagna c’era non un nome, come tutti attendevano, ma l’indicazione di una specie di concorso per titoli, in quanto si cercava una persona “dotata di professionalità specifica e competenza manageriale”, una definizione che suona beffarda per quanto è scontata e tremendamente tardiva di fronte ai problemi delle zone alluvionate. I problemi interni alla maggioranza emergono con evidenza e chiamano Meloni a prendere le responsabilità istituzionali del presidente del Consiglio e quelle politiche di leader di una maggioranza alla quale deve chiedere, si consiglia con una certa energia, di aderire senza manovre oscure alla linea concordata, altrimenti sarà opportuna qualche forma di verifica interna ai partiti di governo e la richiesta, dura e ultimativa, di chiarimenti

 

Le tre "cose" principali

 

Fatto #1
Volodymir Zelensky parla del rischio di attacco terroristico russo alla centrale di Zaporizhzhia, con operazioni studiate per ottenere il rilascio di radiazioni fortemente pericolose. Sarebbe il secondo atto di una strategia cominciata con la distruzione della diga di Kakhovka. Mentre ecco cosa succede al fronte.

Fatto#2
L’Ue alle prese con la crisi tra Kosovo e Serbia (e vari altri coinvolti)

Fatto #3
Come stiamo in Italia. Le rilevazioni dell’Istat sullo stato di benessere nel paese. Troverete sorprese, quasi tutte in positivo

 

Oggi in pillole

 

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