DI COSA PARLARE STASERA A CENA

La delega fiscale del governo Meloni promette bene

Giuseppe De Filippi

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Ci sono volute tante domande al viceministro Maurizio Leo in commissione Finanze (e ovviamente le sue risposte) per riportare nell’ambito della normale attività politica le decisioni annunciate ieri con il lungo piano sequenza meloniano a Palazzo Chigi, quello concluso raggiungendo i ministri seduti e pronti attorno al tavolo rotondo. L’audizione del viceministro ha aggiunto molto, ha dato prospettiva, ha inserito, soprattutto, le mosse un po’ estemporanee di ieri in un processo di più generale riforma del fisco, quello che deriva dall’attuazione della delega fiscale. Sarebbe un modo riduttivo e autolesionista per un governo che dispone di un orizzonte di legislatura e di un’ampia maggioranza qualificare come risultato storico per il fisco un taglio dei contributi semplicemente aggiuntivo rispetto a quello deciso con zero clamore da Mario Draghi, un aiuto ai dipendenti con redditi un po’ più alti grazie alla riproposizione del trattamento fiscale favorevole fino alla soglia di 3000 euro per chi riceve fringe benefit (trattamenti integrativi, automobili aziendali, premi di produttività) e qualche rilevante alleggerimento per il costo del lavoro di alcune categorie di neoassunti. Va bene il video con la polemica latente e il sorriso sforzato, perché evidentemente anche il carattere e la psicologia personale vogliono la loro parte e di fronte al desiderio profondo di levarsi quella plateale soddisfazione non si può giudicare. Oggi, però, a video viralizzati e ritrasmessi e con il concertone che si perde su altri desideri repressi da soddisfare, quelli di Carlo Rovelli (anche lui ha avuto il suo sfogo cui è seguito un invito)

È meglio ripartire da Leo, uomo evidentemente soddisfatto e sereno e quindi in grado di affrontare la riforma fiscale, davvero storica, quella attesa da 50 anni, senza portarsi dietro ruggini. E allora ecco la possibilità di rendere stabili sia i tagli contributivi sia quelli per le tasse sui fringe benefit, aggiungendo un taglio alle imposte sulle tredicesime, ma in un quadro generale realistico di finanza pubblica. E poi la riduzione delle aliquote, con parti dei redditi da sottoporre ad aliquota unica. E un regime di tassazione favorevole per gli aumenti legati alla produttività, e la possibile cedolare secca anche per le locazioni commerciali, il regime parificato a quello degli altri investitori finanziari per i patrimoni delle casse previdenziali. E tanto altro. Molte cose sono contestabili e saranno fortemente criticate, ma, almeno, siamo nel campo giusto, cioè quello della riforma organica e non degli interventi estemporanei

E vale anche per il reddito di cittadinanza. I vecchi risentimenti fanno fare errori, bisognerebbe azzerare ricordi e desideri e poi decidere. Serve pragmatismo e non quell’approccio ideologico che governo e maggioranza rinfacciano sempre ai loro critici.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

Senza puntare sugli interventi organici poi anche le critiche che si ricevono sono un po’ legate alla stessa estemporaneità. Il campo in cui è fortissimo Matteo Renzi

Fatto #2 

Tanta energia (ma era una fiammata, già rientrata) nei rialzi dei prezzi alla base della risalita dell’inflazione, mentre l’indice di cui si parla di più per impostare le politiche economiche e sociali, quelli degli acquisti più frequenti, resta alto, ma rallenta la sua corsa (da 12,6% a 12,1% su base annua)

Fatto #3

Tedeschi sempre impegnati a sostenere l’Ucraina con una mano e a frenarla con l’altra

 

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